Tassi moratori: vanno calcolati in base alla nuova decisione della Corte di Cassazione.
Tassi moratori: ora si calcolano! Due giorni fa la Corte di Cassazione ha emesso una ordinanza ( n. 2319/2017)a dir poco significativa per far chiarezza sull’amletico problema del calcolo del superamento del tasso soglia rilevante ai fini dell’usura. La Corte di Cassazione interviene ancora una volta sull’importante tema della modalità di accertamento del superamento (o no) del tasso soglia rilevante per la disciplina sull’usura. Inutile dire che l’argomento è importante anche in considerazione delle conseguenze civilistiche derivanti dall’aver pattuito un finanziamento con un tasso sopra soglia: ed infatti, l’art. 1815 c.c. al suo secondo comma prevede che «se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi».
Per chi segue questa materia e i suoi sviluppi, ricorderà che la Cassazione con la sentenza 350/2013 si era già espressa sulla problematica della c.d. sommatoria tra interessi corrispettivi e moratori ai fini dell’accertamento del superamento del tasso soglia.
Nella decisione di qualche anno fa la Cassazione aveva stabilito che ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori.
Nonostante quella sentenza molti giudici avevano iniziato a sostenere che in realtà la stessa non era poi così chiara e che si dovevano prendere in considerazione le istruzioni della Banca d’Italia secondo le quali i tassi moratori non possono essere sommati ai fini del calcolo dell’usura e questo in quanto la mora sarebbe da considerarsi una situazione patologica in cui il cliente non dovrebbe incorrere qualora il contratto tranquillamente seguisse il suo corso.
Non mi voglio addentrare su questioni quali quelle che la Banca d’Italia non è certamente un organismo imparziale e a tutela del cittadino correntista né sul fatto che molti corsi di aggiornamento professionale ai magistrati sono stati indetti proprio dalle banche: su questi argomenti basta andare a fare una breve ricerca su internet e si capirà come mai anche dinanzi a fatti conclamati si può arrivare ad avere una sentenza che ci dice tutto ed il contrario di tutto.
Come di diceva, però, la Cassazione è tornata sul punto analizzando il caso di un istituto di credito che aveva chiesto l’ammissione al passivo fallimentare del capitale di un mutuo fondiario e degli interessi previsti dal contratto. Il Tribunale di Matera aveva rigettato l’opposizione della Banca che si era vista ammettere dal Giudice delegato soltanto per la sorte capitale “non potendo essere riconosciuti gli interessi moratori”: come emerso dalla CTU, al momento della pattuizione il tasso degli interessi moratori era superiore al tasso soglia, vertendosi, così, in ipotesi di usura originaria (e non in quella di usura sopravvenuta come dedotto dalla banca) e, conseguentemente, ai sensi dell’art. 1815 c.c., la pattuizione del tasso di mora era considerata nulla e nessun interesse spettava». Secondo la Cassazione si debbono intendere usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento; il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza una sproporzione oggettive tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore. Peraltro, la Cassazione richiama anche la sentenza Cass. n. 5324/2003 secondo cui «in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 legge n. 108/1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori. Ed inoltre richiama la Cass., n. 5598/2017 che aveva cassato la decisione del Tribunale che, in sede di opposizione allo stato al passivo e con riferimento al credito insinuato da una banca, aveva escluso la possibilità di ritenere usurari gli interessi relativi a due contratti di mutuo in ragione della non cumulabilità degli interessi corrispettivi e di quelli moratori.
Alla luce di questa sentenza pare che ogni dubbio sia cancellato in merito a cosa vada effettivamente calcolato per verificare se vi sia o meno usura. Insomma, in buona sostanza, gli interessi moratori andranno calcolati così come qualsiasi altra voce che determini una somma che il mutuatario deve al mutuante indipendentemente dal nome.