Per quanto a mia conoscenza questa è la seconda sentenza in Italia che vede condannata una banca per mala fede contrattuale (altra sentenza fu contro il Banco di Roma).
Una sentenza a dir poco importante perchè è una situazione in cui molti imprenditori si sono trovati non avendo possibilità di far nulla se non subire.
Il caso riguarda un imprenditore il quale stava investendo in un terreno per costruirci sopra delle palazzine in nota e rinomata località Livornese. Per questa operazione si rivolge alla propria Banca esponendogli il progetto e chiedendo un finanziamento.
La Banca si dimostra subito interessata all’affare e fa aprire un conto corrente all’imprenditore, concedendogli un fido di 100.000 euro garantito da ipoteca sulla propria casa, somma necessaria per le prime operazioni burocratiche.
E’ così che il mio cliente, ben speranzoso per l’affare che andava ad intraprendere, avendo tra l’altro avuto contatti con possibili acquirenti delle future palazzine inizia a mettersi in moto ma quando ritorna in banca a chiedere un nuovo finanziamento per proseguire il progetto se lo vede negare.
Quella stessa banca che gli aveva fatto credere che l’operazione sarebbe stata finanziata, che aveva mandato un proprio perito sul posto a verificare l’operazione la quale era risultata ottima, ora non solo non era disposta a finanziare più nulla ma chiedeva l’immediato rientro del fido, in pratica decretando la morte dell’imprenditore.
Il problema è che l’imprenditore non ci sta e decide di reagire in qualche modo.
E’ così che questi si reca presso il mio Studio narrandomi i fatti.
La questione è a dir poco spinosa in quanto vi sono e-mail di corrispondenza, vi è una perizia da parte della banca che dichiara l’operazione un buon affare ma non vi è nulla di esplicito che afferma che il finanziamento di tutta l’operazione verrà dato.
Certo l’imprenditore era andato alle varie riunioni in banca assieme ad alcune persone che potevano testimoniare ma, chi da anni frequenta i tribunali sa che la testimonianza è una prova che può sortire diverse sorprese in sede di esame.
Altro punto a sfavore era il fatto che non vi era giurisprudenza, non vi erano sentenze che potessero dare qualche appoggio. Durante un convegno a Milano di qualche anno fa, ero venuto a conoscenza del fatto che era stata intentata una causa simile contro il banco di Roma ma della sentenza non ne avevo traccia.
Nonostante ciò ero convinto che il cliente avesse ragione e che la banca avesse giocato sporco.
Con la consapevolezza anche da parte del cliente che ci si stava imbarcando in acque a dir poco tempestose ho proposto la causa proprio a Siena, foro obbligato secondo il nostro codice civile andando, come si suol dire…nella bocca del leone.
Era dicembre 2019 quando la sentenza, tanto attesa è stata emessa condannando la MPS al risarcimento di euro 294.000 a favore dell’imprenditore. La richiesta avanzata nell’atto di citazione era stata più alta – 700.000 – ma, in realtà, la quantificazione del giudice era esatta visto che il mancato guadagno ed il danno provato poi effettivamente in corso di causa portava alla cifra di cui in sentenza.
Lo scoglio da superare, era, ora un eventuale appello da parte della MPS e, come da codice, bisognava attendere 6 mesi per il passaggio in giudicato.
A prolungare l’attesa ci si mettevano poi anche la sospensione per l’emergenza COVID19 e le ferie processuali.
La sentenza passava, finalmente, in giudicato a metà settembre 2020 e pertanto richiedevo la copia con il timbro del passaggio in giudicato alla cancelleria nonchè la copia per procedere esecutivamente nei confronti della banca.
Ritirate le copie, notificavo il tutto alla banca facendo, in pratica, scacco matto!
A quel punto, senza nemmeno procedere a pignoramento, la banca pagava in data 2 novembre tutto il dovuto senza nulla eccepire.
L’imprenditore non solo a seguito del comportamento della banca che lo voleva vedere rovinato non si è dato per vinto ma è riuscito a dare un colpo non da poco alla banca su una questione così particolare e con il pericolo anche di un seguito di cause di tal genere in quanto di situazioni simili in Italia ve ne sono parecchie anche se poi molti, credendosi inermi, perdono tutto invece di far valere i loro diritti.
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