Spesso il decreto ingiuntivo è stato ottenuto dalla banca con una azione che non può che qualificarsi temeraria .
Infatti la banca minaccia il correntista di promuovere azioni giudiziarie qualora non rientri dello scoperto di conto. E perche’ non potrebbe, direte voi?Perche’ spesso la banca prospetta una situazione debitoria non corrispondente a realtà, tentando di conseguire un profitto non iure datum ma contra ius.
A tal proposito, infatti, è nota la giurisprudenza di merito e di legittimità che ha riconosciuto che la minaccia, sebbene non penalmente apprezzabile quando è legittima e tende a realizzare un diritto riconosciuto e tutelato dall’ordinamento giuridico, diviene contra ius quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato, si faccia uso di mezzi giuridici per scopi diversi da quelli per i quali sono stati apprestati dalla legge ( ex plurimis: cass. Pen. sent. 17 dicembre 2012 n. 48733; cass. pen. sez II sent 6 febbraio 2008; cass pen. Sez II sent. 3380 del 23 marzo 1992).
Violazione dell’art. 50 D.Lgs 385/1993
Spesso il decreto ingiuntivo è fondato esclusivamente sull’estratto conto “certificato”.
L’art. 50 del d.Lgs 385/93, così come interpretato dalla più recente giurisprudenza prevede che, a tutela del correntista, per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo, l’istituto debba allegare l’estratto conto integrale che rappresenta il risultato di tutte le voci a credito e a debito ricadenti nell’arco di tempo considerato, con esatta specificazione di ogni operazione compiuta dall’inizio del rapporto di conto corrente sino alla sua estinzione, ivi comprese la commissione di massimo scoperto trimestrale, le spese, le ritenute fiscali, gli interessi attivi e passivi maturati, con le conseguenti valute applicate ( numeri debitori e creditori) ecc.
La giurisprudenza impone alla banca di versare in atti tutti gli estratti conto e tutti i documenti contabili afferenti al rapporto per cui è causa. Tale prescrizione risponde alla necessità di tutelare il correntista anche nell’eventuale giudizio susseguente al procedimento monitorio, consentendogli una contestazione consapevole delle risultanze del documento stesso, nella conoscenza di tutti i movimenti del conto corrente e delle singole partite contabili giustificative del credito vantato dalla banca.
Interessi ultralegali (epurati dal gioco delle valute), cms trimestrali e spese vengono ogni trimestre trasformati dalla banca in capitale e producono, a loro volta, maggiori interessi ultralegali generando un processo di moltiplicazione geometrica del debito tendente all’infinito.
Il decreto ingiuntivo che viene emesso sulla base di “sommaria documentazione” è sicuramente invalido poichè contiene voci di costo illegittime che hanno contribuito, trimestre dopo trimestre, allo sfasamento del conto: il saldo finale, insomma, non è certo , nè liquidi nè esigibile!
Sull’applicazione di interessi in violazione della L. 108/1996
Nel corso del rapporto, la Banca potrebbe aver addebitato interessi debitori ultralegalivariando il tasso di interesse debitore al punto da farlo divenire esorbitante nonché usuraio con le conseguenze di cui all’art. 1815 comma secondo c.c..
E’ necessario, quindi, con estrema urgenza stante il termine perentorio di 40 gg portato nel decreto ingiuntivo, fornirsi di perizia econometrica.
Nrl nostro ordinamento l’usura, a partire dal 1997, si può realizzare in due modi: la prima fattispecie è disciplinata dal combinato disposto del primo e terzo comma dell’art. 644 cod. pen. ed è così descritta: “Chiunque…si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito…La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”.
L’art. 2 c. 4 L. 108/96 precisa inoltre che “ il limite..oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso [effettivo globale] medio [riferito ad anno] risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della meta’”[1].
Tale ultima legge ha anche stabilito che, con periodicità trimestrale, il Ministero del Tesoro (sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano Cambi) debba rilevare i tassi di interessi medi per le singole operazioni bancarie applicati dagli Istituti di Credito sul territorio nazionale; detto tasso medio, rilevato statisticamente, ha la funzione di essere la base di riferimento sulla quale, aumentata della metà, si calcola il cosiddetto “tasso soglia” per il trimestre successivo: cioè il tasso di interesse oltre il quale gli ulteriori interessi applicati debbono considerarsi di natura usuraria.
Trimestralmente, quindi, vengono emessi decreti da parte del Ministero del Tesoro che determinano il tasso soglia massimo che gli operatori bancari ovviamente sono tenuti a rispettare nei rapporti con i propri clienti.
La fattispecie base dell’usura,quindi, si caratterizza, per la predeterminazione normativa di un tasso soglia, per ogni tipologia di finanziamento ( operazione di credito), al di sopra del quale l’interesse diventa usurario:questa fattispecie viene definita usura oggettiva.
Deve tuttavia considerarsi che il legislatore non ha inteso affatto determinare in modo esclusivamente rigido il tasso usurario: invero il comma 3 dell’art. 644 cp prevede che interessi anche inferiori al limite del tasso soglia possano comunque considerarsi usurari quando risultino comunque sproporzionati e il prenditore si trovi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria[2](cosa che dovrà essere accertata caso per caso) :in tal caso si configua la c.d. usura soggettiva.
In questo secondo caso il bene tutelato dalla legge non è solo l’astratto ordine economico ma specificatamente anche il patrimonio delle imprese e delle famiglie, il quale non può essere depauperato, approfittando delle difficoltà economiche ( di tipo patrimoniale) o finanziarie ( relative alla liquidità) in cui questi soggetti possono temporaneamente versare, mediante contratti di finanziamento contenenti clausole che prevedano il pagamento di interessi “sproporzionati” in relazione al capitale prestato, considerati i tassi di interesse mediamente praticati dal sistema finanziario, al tempo della concessione del credito, per quel tipo di operazione.
Quelle sopra descritte sono due fattispecie alternative di realizzazione del delitto e non è pertanto assolutamente necessario che prima si verifichi il superamento del tasso soglia e solo dopo si possa eventualmente considerare l’approfittamento delle condizioni di difficoltà economiche e finanziarie del debitore.
Per entrambe le fattispecie, il comportamento penalmente e civilisticamente sanzionato consiste, in ogni caso, nel “farsi dare o promettere…in corrispettivo di una prestazione di denaro interessi usurari”,cioè nell’aver incassato/preteso/indotto a pagare interessi superiori al limite di legge o che risultino comunque sproporzionati, rispetto alla controprestazione (avuto riguardo ai tassi medi), quando chi li ha dati o promessi si trova in condizione di difficoltà economica o finanziaria.
Si deve considerare che il delitto di usura, secondo la giurisprudenza più recente, è classificato come reato “ad azione prolungata” o “ a consumazione frazionata” e, visto il suo schema duplice è certo che responsabili del reato siano sia coloro che mettono in atto l’accordo usurario, che i partecipanti alle operazioni di incasso degli interessi usurari.
Per provare la fattispecie di usura oggettiva, è sufficiente accertare l’esistenza dell’accordo (contratto) intercorso con la Banca e riscontrare ( con una perizia econometrica) che il tasso annuo (effettivo e globale) del corrispettivo pattuito sia (o possa essere ) usurario, cioè superiore al tasso soglia vigente al momento della stipula del contratto.
In particolare, concorrono a determinare il TAEG tutte le voci gravanti sul rapporto di conto corrente ( anatocismo, commissioni di massimo scoperto, spese di tenuta conto, spese per singola operazione di anticipo, sistema di valute fittizio) da aggiungersi al TAN (Tasso Annuo Nominale Netto, facilmente desumibile dai riassunti scalari inviati periodicamente dalla banca) che rappresenta il tasso di interesse puro praticato dalla banca sul conto, al netto delle voci precedentemente specificate escludendo le tasse e i bolli statali.[3]
a L. 108/96 ha inoltre aggiunto un comma all’art. 1815 c.c stabilendo che “ se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Ne consegue che se vengono applicati interessi usurari, non solo non sono dovuti gli interessi calcolati al di sopra del tasso soglia, ma non sono dovuti interessi “tout court” ( cioè anche quelli eventualmente dovuti se la banca si fosse comportata correttamente);quindi,in conclusione, nessuna somma sarà dovuta a titolo di interessi ma solo il rimborso del capitale.
Sulla capitalizzazione trimestrale
Gli interessi debitori, unitamente alle spese e commissioni non dovuti, sono spesso capitalizzati trimestralmente in violazione dell’art. 1283; violazione, si badi bene, ancor sussistente nonostante la delibera Cicr del febbraio 2000.
La capitalizzazione trimestrale applicata dall’Istituto di credito, come riconosciuto dalla prevalente dottrina e giurisprudenza ( Cass. Civ. 16 marzo 1999 n. 2374; Cass civ. 30 marzo 1999 n. 3096; Cass sez. un. Civ. 4 novembre 2004 n. 21095; Cass civ. 25 febbraio 2005 n. 4092; Cass. Civ. 18 gennaio 2006 n. 870) è illegittima in quanto fondata su usi negoziali e non normativi, essendosi dovuto invece applicare il sistema basato sul calcolo della capitalizzazione semplice ( Corte App Torino in Foro It, 2007,I, 1947; Trib Busto Arsizio sez. Gallarate, sent. 9 dicembre 2009; Cass sez. un. Civ. sent. 2 dicembre 2010 n. 24418).
Gli interessi scaduti possono produrre, si ricorda, a loro volta interessi solo : a) dal giorno della domanda giudiziale;
- b) per l’effetto di una convenzione posteriore alla scadenza purchè si tratti di interessi dovuti per almeno 6 mesi.
Sul punto, a sottolineare la contrarietà a buona fede del comportamento negoziale della Banca, si ricorda la sentenza delle SU Cassazione del 2004 secondo la quale : “ il precetto di cui all’art. 1283 c.c. può essere derogato solo in presenza di presupposti indicati dalla norma o in virtù di un uso normativo, non essendo sufficiente al tal fine un mero uso negoziale. In materia bancaria non esiste un uso normativo che consenta la capitalizzazione degli interessi, nè può ritenersi che, prima della giurisprudenza espressa dalla S.C., a partire dal 1999, esistesse un uso normativo idoneo a consentire alle banche di adottare clausole che prevedessero la capitalizzazione trimestrale degli interessi”[ Cass. S.U. 04.11.2004 n. 21095].
Tale conclusione è stata ribadita e rafforzata ancora dalle Sezione Unite nel 2010 con il principio di diritto per cui “ se dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisca per far dichiarare la nullità della clausola che preveda la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui sia stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti siano stati registrati” [Cass.S.U. 02.12.2010 n. 24418].
Il duplice intervento nomofilattico della Suprema Corte ha ricevuto l’avallo sia da parte dei giudici della Corte Costituzionale ( Corte Cost. 02.04.2012 n.78) sia della giurisprudenza di merito. A titolo esemplificativo v., ex plurimis, Trib Roma sez. VIII, 17 marzo 2012 n. 5620 : “ è nulla la clausola di contratto bancario che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi a favore della banca in quanto si basa su un uso negoziale, non su un uso normativo e come tale, quindi, non è suscettibile di derogare alle condizioni previste dall’art. 1283 c.c.”.
Sull’inidoneità delle Istruzioni della Banca d’Italia
Come è noto a seguito della introduzione del D.L. 185/2009 convertito in L. 2/2009, la Banca d’Italia nell’agosto 2009 ha emanato nuove istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura al cui punto C.4, tra le voci di costo da includere nel calcolo, ha indicato anche “ gli oneri per la messa a disposizione dei fondi, le penali e gli oneri applicati nel caso di passaggio a debito di conti non affidati o negli sconfinamenti sui conti correnti affidati rispetto al fido accordato e la c.s.m. laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti”.
La Corte di Cassazione con la sentenza del 19 febbraio 2010 n. 12028, oltre a riconoscere l’inidoneità di quanto previsto dalle precedenti istruzioni della Banca d’Italia a derogare alla norma penale e a ricordare la disposizione introdotta dal legislatore nel 2008, aggiungeva che essa “…per quel che interessa in questa sede, può essere considerata norma di interpretazione autentica del comma 4 dell’art. 644 cod. pen. in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme”.
La Cassazione con sentenza 19 dicembre 2011 n. 46669 ha sottolineato, con ancora maggiore chiarezza, la preminenza della norma penale e l’irrilevanza, laddove in contrasto con la legge, delle circolari o istruzioni della Banca d’Italia che, dunque, non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi.
Altresì ovvio che tali istruzioni non abbiano alcuna efficacia precettiva nei confronti del Giudice in quanto l’effettivo tasso applicato dovrà essere accertato in conformità, unicamente, dell’art. 644 cod. pen. non avendo efficacia alcuna le istruzioni impartite dalla Banca d’Italia per rilevare il TEGM che non sono rivolte a stabilire il tasso effettivo globale di una singola operazione e non aventi, neppure in astratto, portata derogatrice nè integratrice della norma nella parte in cui indica come calcolare il tasso effettivo globale.
Sulla sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo
Come già in precedenza detto il decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca non può ritenersi certo, liquido ed esigibile non fondandosi lo stesso su valida e necessaria documentazione ma inoltre porta con sè la richiesta di somme non dovute stante l’usurarietà delle stesse.
Si ricordano le varie ordinanze con le quali, nell’ambito dei giudizi di opposizione a decreti ingiuntivi, si è negata la concessione della provvisoria esecutorietà richeista dalla banca [4]o, in accoglimento dell’istanza da parte dell’opponente, nei casi in cui il decreto era già stato emesso munito della relativa clausola, ne è stata sospesa l’efficacia esecutiva.[5]
Eccepita dall’opponente, tra i vari motivi, l’usurarieta’ degli interessi pretesi ed addebitati dalla banca su rapporti di conto corrente, il Treibunale di Padova, sez Este ( ord. 29 aprile 2013)[6], ha ritenuto la sussistenza di gravi motivi per concedere la sospensione della provvisoria esecutività del provvedimento monitorio.[7]
Con motivazione ancora più specifica si sono espressi altri giudici. Solo per citare alcune pronunce si ricorda quanto disposto dal Tribunale di Ravenna ( ord. 21 gennaio 2014) che, in un caso in cui l’eccezione di usurarietà era anche supportata, come nel nostro caso, da consulenza tecnica di aprte, ha ritenuto sussistenti “ gravi motivi idonei per sospendere la provvisoria esecutorietà del decreto in relazione ai risultati della perizia di parte depositata dall’opponente che ha rilevato un conteggio errato del debito complessivo per vilazione della normativa posta in materia di anatocismo e usura”; oppure, ancora, analoga decisione si è avuta da parte del Tribunale di Massa ( ord. 28 gennaio 2014).
Le pronunce appena menzionate confermano la necessaria prudenza che il giudice dovrebbe avere nell’esame dell’istanza di concessione della provvisora esecutività di un decreto ingiuntivo promosso da un istituto bancario.
Non si può trascurare, poi, che, se da una parte le esigenze di salvaguardia del diritto di credito, in alcuni casi, possono legittimare l’ottenimento da parte della banca di un titolo provvisoriamente esecutivo, dall’altra, un tale titolo può compromettere irrimediabilmente vari diritti della controparte più debole quali il diritto alla proprietà, al rispetto del domicilio, alla vita privata e famiglia, al diritto al libero esercizio dell’attività di impresa e da ultimo, non certamente per importanza, al diritto alla salute.
La esecutorietà di un titolo illegittimamente emesso sia nei suoi presupposti ma anche in quanto portante somme non dovute può ledere , pertanto, soprattutto nei rapporti bancari, diritti comunque non più risarcibili.
[1] Dal 14.5.2011 il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari è calcolato aumentando il Tasso Effettivo Globale Medio ( TEGM) di un quarto, cui si aggiunge un margine ulteriore di 4 punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a 8 punti percentuali. Tale metodo di calcolo è stato introdotto dal d.l. 70/2011 che modificato l’arto. 2 c.4 l. 108/96 che determinava il tasso soglia aumentando il TEGM del 50%
[2] Art. 644 c.3 c.p.: “ Sono altresì usurari gli interessi che, anche se inferiori [al limite stabilito dalla legge] che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alle prestazioni di denaro…quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
[3] Corte di Cassazione Penale 12028/2010 : “ Il chiaro tenore letterale del comma 4 dell’art. 644 cod. pen.( secondo il quale per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito), impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito”.
[4] Trib Roma, Giud. Falabella, ord. 11 aprile 2013; Trib Roma, Giud. Iofrida, ord. 3 magggio 2010
[5] TRib Padova, sez Este, ord. 29 aprile 2013; Trib. Bergamo, ord. 23 aprile 2013; Trib. Verona, Giud. Mirenda, ord. 13 dicembre 2013: il giudice sospende la provvisoria esecutività del decreto opposto ribadendo che, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo a carico dell’utente bancario, è onere della banca fornire la prova del credito. Si riconosce in particolare che rilevato che la banca non ha prodotto tutti gli estratti conto a far data dall’insorgenza del rapporto e che, a fronte delle eccezioni del debitore circa l’esatto ammontare del dovuto, era comunque preciso onere dell’opposta – ex art. 2967 c.c. – dare la prova del quantum debeatur , non potendo bastare allo scoppo il solo certificato ex art. 50 TUB che, seppure non assimilabile all’abrogato saldaconto ex lege 102/1936, appare viepiù finalizzato al solo ottenimento del decreto monitorio, fermni restando, in sede oppositiva, i principi generali in tema di riparto probatorio ( Cass. 3 maggio 2011 n. 9695 secondo cui “ l’estratto conto certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca, di cui all’art. 50 d.lg 1 settembre 1993 n. 385, in caso di contestazione non costituisce, di per sé, prova del credito vantato dalla banca nei confronti del correntista); che tanto basta, allora, a far ritenere sussistenti i gravi motivi per sospendere la provvisoria esecutività ex art. 649 c.p.c.. Si consideri che l’onere della banca, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntibvo, di depositare tutti gli estratti conto sin dall’inizio del rapporto, è stato recentemente ribadito anche dai giudici di legittimità i quali hanno sottolineato, oltretutto, il principio secondo cui una volta superata la fase monitoria, nel successivo giudizio a cognizione piena, laddove sia contestata per mancanza di requisiti di legge la pattuizione degli interessi legali, la banca è tenuta a produrre gli estratti conto a partire dall’apertura del conto anche oltre il decennsio ( Cass. Civ. sez. I sent. 2 agosto 2013 n. 18541).
[6] Nel caso specifico l’eccezione di usurarietà era anche supportata, come nel nostro caso, da consulenza tecnica di parte.
[7] Sia pur non si sia espressa specificatamente sull’usurarietà pure eccepita dell’opponente, soffermandosi, invece, su altre eccezioni, tra cui, la mancata prova, da parte della banca, della sussitenza dei presupposti legittimanti le modifiche delle condizioni economiche in senso sfavorevole al correntista e la capitalizzaizone trimestrale degli interessi.