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Assegnazione della casa coniugale: facciamo luce su alcuni aspetti

L’assegnazione della casa coniugale è disciplinata dall’articolo 155 quater c.c.

La ratio della norma è quella di tutelare i figli minori evitando che questi subiscano, oltre alla rottura dell’unità familiare, l’ulteriore trauma dell’abbandono dell’habitat domestico in cui si è svolta, fino alla separazione dei genitori, la loro vita quotidiana.

Infatti l’assegnazione della casa familiare tiene in considerazione prioritariamente dell’interesse dei figli precisando, però, che dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori considerato l’eventuale titolo di proprietà.

Come incide l’assegnazione della casa familiare sull’assegno di mantenimento

Sicuramente vedersi assegnata la casa familiare è un vantaggio economico non di poco conto e che fa la differenza.

A fronte di questo vantaggio, il genitore non proprietario convivente con i figli e a cui è attribuita la casa familiare, può vedersi in parte decurtato l’assegno di mantenimento in ragione del beneficio economico che gli deriva dalla detenzione dell’immobile di proprietà del coniuge obbligato.

Infatti non v’è dubbio che il genitore escluso dovrà farsi carico di sostenere gli oneri economici derivanti dalla necessità di soddisfare le sue nuove esigenze abitative.

L’importo dell’assegno di mantenimento ( Leggi anche il nostro articolo sulla differenza tra alimenti e mantenimento) verrà stabilito, perciò, tenendo presente le due possibili ipotesi: che l’immobile sia di proprietà esclusiva del coniuge non assegnatario dovendo il giudice valutare il sacrificio derivante dall’impossibilità di utilizzare l’immobile, o che sia in comproprietà tra i coniugi, dovendo, in questo caso, il giudice tenere in considerazione il venir meno della facoltà di godimento della cosa comune e la necessità da parte del genitore non assegnatario di procurarsi un altro alloggio.

Quando viene meno il diritto all’assegnazione della casa familiare?

Il diritto all’assegnazione della casa familiare viene meno se:

L’ assegnatario non abita la casa familiare.

L’ assegnatario cessi di abitare stabilmente nella casa familiare.

L’ assegnatario instauri una convivenza more uxorio all’interno della casa oggetto di assegnazione.

Tra le tre ipotesi di cui sopra, sicuramente quest’ultima è la disposizione che pone le maggiori problematiche interpretative.

Infatti, l’estensione del diritto di godimento in favore del convivente more uxorio dell’assegnatario viene considerato in contrasto con il diritto dei figli a conservare un rapporto equilibrato continuativo con ciascuno dei genitori.

L’altra ipotesi prevista legislativamente di estinzione del provvedimento di assegnazione riguarda il caso in cui l’assegnatario contragga nuovo matrimonio.

Accanto alle cause sopra individuate  e previste legislativamente possono essere menzionate altre ipotesi “naturali” di estinzione del diritto ad abitare la casa familiare:

il raggiungimento della maggiore età e dell’autosufficienza economica della prole;

la cessazione della convivenza della prole stessa con il genitore assegnatario;

la morte dell’assegnatario; la ripresa della convivenza dei coniugi separati.

Il provvedimento di assegnazione va trascritto?

Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca della casa familiare è sicuramente trascrivibile ed opponibile ai terzi ai sensi dell’articolo 2643 del codice civile.

Anzi aggiungerei che è obbligatorio trascrivere il provvedimento di assegnazione proprio per rendere opponibile a terzi tale vincolo.

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