E’ entrato in vigore pochi giorni fa la nuova norma sulla violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio e precisamente l’art. 570 bis cp. che potrebbe far passare notti insonni a molti padri qualora non pagassero l’assegno di contributo al mantenimento alla moglie o figli.
Difatti molto spesso accade che, a seguito della separazione o del divorzio, i padri non versino con regolarità l’assegno di mantenimento nei confronti della moglie e dei figli; questo nonostante vi sia un provvedimento, provvisorio o definitivo, da parte del giudice.
L’art. 570 bis specificatamente prevede che “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.”
Pertanto ora si prevede una pena fino ad un anno o la multa fino ad euro 1032 in caso di violazione della norma che amplia il raggio di azione rispetto al precedente art. 570 c.p. che era particolarmente limitativo perché si parlava solo di mezzi di sussistenza che il coniuge faceva mancare ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia separato per sua colpa.
L’art. 570 limitava pertanto la pena al genitore che faceva mancare i mezzi di sussistenza ai propri discendenti, generalmente ai propri figli e spesso se il padre non versava l’assegno di mantenimento ma i mezzi di sussistenza non venivano meno non si aveva la commissione del reato. Ora invece se è previsto ad esempio un versamento mensile di un assegno di 1000 euro ed il padre ne versa 700 commetterà ugualmente reato.
Certamente in alcuni sporadici casi si potrà cercare , per sottrarsi alla pena, di invocare la scriminante dell’art. 45 cp ma si deve ricordare, a tal proposito la sentenza della Cassazione n. 41697/2016 che aveva statuito che nemmeno il detenuto era esonerato dal versare il contributo al mantenimento.
Infatti la Cassazione aveva affermato che lo stato di detenzione di per sé non giustifica l’obbligato al mantenimento in quanto l’indigenza dell’onerato vale come scriminante solo se si è estesa a tutti il periodo di tempo nel quale si sono verificate le inadempienze e se consiste in una condizione incolpevole di indisponibilità di somme . Infatti la responsabilità per indigenza non è esclusa dall’incapacità di adempiere ogni volta che questa sia dovuta anche solo parzialmente a colpa dell’agente.
Questa sentenza è quindi da tener ben presente per chi, arrampicandosi sugli specchi, cercherà di sottrarsi agli obblighi di mantenimento oppure al nuovo art. 570 bis. cp