Che la casalinga abbia diritto ad un risarcimento per mancato guadagno nessun dubbio ma, se la stessa svolge un lavoro fuori dell’ambito domestico, tale risarcimento è escluso. Lo stabilisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 5548/2012. La questione portata all’attenzione della Corte riguardava una invalidità pari al 100% subita da una impiegata dopo un incidente in auto causato dalla guida imprudente del marito. Il figlio era stato nominato curatore della madre ed in quanto tale aveva richiesto il risarcimento dei danni sia al padre che all’assicurazione. Il risarcimento liquidato dal Tribunale e dalla Corte d’Appello non aveva considerato, però, l’apporto che la donna dava in ambito domestico. Si ricorreva in Cassazione sottolineando come le mamme italiane lavorano dentro e fuori casa. Ad avviso degli Ermellini se una donna sta fuori otto ore al giorno il suo contributo alla famiglia va provato. «Invero questa Corte nel riconoscere la risarcibilità del pregiudizio rappresentato dalla riduzione o perdita della capacità lavorativa della casalinga, non ha omesso di rimarcare l’esigenza della relativa prova, ancorchè non rigorosa, trattandosi di danno patrimoniale futuro, segnatamente evidenziando con riguardo al caso, come quello che ci occupa, che la parte danneggiata svolga anche attività lavorativa retribuita alle dipendenze di terzi o lavoro autonomo (o attività similare), che occorre tener conto dell’incidenza di ciò in termini di riduzione dell’attività di assistenza e cura dei familiari, da stabilire nella sua entità secondo il prudente apprezzamento del giudice con riferimento alle peculiarità della fattispecie concreta e precisando, altresì, che a tal fine è necessario che si fornisca la prova sia della compatibilità del contestuale esercizio di quest’altra attività con quella di casalinga, sia dell’effettivo espletamento di quest’ultima, la quale non si esaurisce nel compimento delle sole faccende domestiche, ma si concreta nel coordinamento lato sensu dell’intera vita familiare».