Non esiste responsabilità medica se non vi è la prova che il chirurgo, per quanto specialista in materia, non abbia avuto la possibilità di conoscere e valutare l’attività svolta dal suo collega nel corso di una operazione non riuscita. L’operazione era andata male ed il chirurgo si era reso, insieme al collega, responsabile dell’amputazione del mignolo sinistro del paziente perché nella fase preparatoria non erano state eseguite in modo corrette le pratiche per far si che la circolazione arteriosa delle dita rimanesse nella normalità. Vi era stata la sottovalutazione del quadro clinico del paziente prima dell’intervento ed in particolar modo non erano stati valutati i rischi cardiovascolari che potevano evincersi, invece, dalla cartella clinica. Ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllare la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Il fatto che il chirurgo sia specialista della materia e quindi in grado di valutare la correttezza delle tecniche operatorie adottate è solo una delle premesse dell’attribuzione dell’illecito dovendo pur sempre essere accertato se egli abbia avuto la concreta possibilità di conoscere e valutare l’attività svolta da altro collega, di controllarne la correttezza, di agire ponendo rimedio o facendo in modo che si ponesse rimedio agli errori perché evidenti e quindi da lui rilevabili.
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