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La mediazione: novità legislative

NOVITA’ LEGISLATIVE IN ITALIA E IN EUROPA

Introduzione

L’istituto della mediazione, introdotto nel nostro ordinamento per fini deflattivi del contenzioso giudiziale che ha letteralmente congestionato i Tribunali, ha avuto un inizio non tanto felice in considerazione anche del contesto sociale in cui si andava ad incardinare e alla sentenza della Corte Costituzione che dichiarava l’illegittimità costituzionale della normativa che aveva introdotto l’istituto come obbligatorio. Il nostro Paese, come ben noto è terra fertile di contenziosi forse avendo il più alto tasso di cause e sicuramente di avvocati rispetto agli altri Paesi della Comunità Europea. L’istituto in esame si andava quindi ad inserire in un terreno non fertile anche in considerazione delle scarse tutele molto spesso anacronistiche che il nostro sistema giudiziario adotta in determinati casi. Spesso, infatti, fare un’azione giudiziaria è perdente sia per la non certezza del diritto ma anche in quanto la lungaggine processuale porta troppo spesso a portare nel nulla un provvedimento giurisdizionale arrivato quasi sempre troppo tardi. L’istituto di mediazione viene infatti mutuato dai paesi anglosassoni – dispute resolution – ove ben diversa è la mentalità e la cultura sociale rispetto al nostro paese. E di ciò il legislatore ne è ben conscio prevedendo l’obbligatorietà di tale istituto ben sapendo che , altrimenti, tale procedimento resterebbe lettera morta. A tutto ciò non ha certo aiutato la sentenza della Corte Costituzionale 272/2012 che ha arrestato la lenta e difficile crescita della mediazione poi rinata con il decreto del fare. Andiamo quindi ad analizzare le novità legislative ed europee in tema di mediazione che hanno portato alla rinascita dell’istituto in esame.

Dal DM 2011 n. 145 alla sentenza della Corte Costituzionale 272/2012

Preliminarmente non si potrebbero comprendere tali novità legislative se si prescindesse da un breve cenno “storico” dell’istituto della mediazione . Dopo l’introduzione dell’istituto della mediazione che non aveva trovato il consenso da parte degli operatori, con il decreto D.M. del 06 luglio 2011 n. 145, emanato dopo il parere favorevole del Consiglio di Stato, il legislatore aveva cercato di affrontare e risolvere alcune problematiche che si erano verificate alla prima applicazione della disciplina con particolare attenzione al tirocinio assistito per i mediatori e alla revisione delle indennità in caso di mediazione obbligatoria e mancata partecipazione della parte convocata. I temi affrontati con la suddetta disciplina riguardavano, in primis, la qualifica del mediatore, oltre al possesso di una specifica formazione biennale e la partecipazione, in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso gli organismi accreditati; tirocinio a cui l’Organismo di mediazione era obbligato a consentire gratuitamente. Ulteriori modifiche rilevanti rispetto alla disciplina introduttiva dell’istituto attenevano poi al regolamento di procedura e precisamente allo svolgimento da parte del mediatore, nei casi di mediazione obbligatoria, dell’incontro con la parte istante anche in mancanza di adesione nonché ai criteri del tutto inderogabili per l’assegnazione degli incarichi di mediazione che dovevano tener conto anche della specifica competenza professionale del mediatore nominato. Il D.M. 145/2011, come già accennato, modificava, poi, i criteri di determinazione delle indennità spettanti agli organismi prevedendo una riduzione di un terzo per i primi sei 5 scaglioni ( condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato) e della metà per i restanti nelle materie in cui la mediazione era prevista come obbligatoria dall’art. 5 co 1 del D.Lgs 180/2010. Quando poi nessuna delle controparti chiamate in mediazione da parte istante partecipava al procedimento l’importo doveva essere ridotto a 40 euro per i primi 6 scaglioni e a 50 euro per gli altri scaglioni. Al regolamento di procedura dell’organismo era poi demandata la possibilità di stabilire le modalità di versamento, anche in un’unica soluzione anticipata, delle indennità dovute e di determinare anche in maniera differente rispetto a quanto statuito nell’allegato A del D.M. 145/2011 gli importi minimi dovuti. Con la sentenza della Corte Costituzionale n. 272/2012 tutto questa lenta “ripresa” e gli sforzi fatti per dare il via a questo istituto deflattivo delle controversie cadevano nel nulla in quanto veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale per eccesso di delega legislativa del D.Lgs 28/10 nella parte in cui il Governo aveva previsto il carattere obbligatorio della mediazione: era quindi decretata la fine dell’istituto pur permanendo la possibilità di andare in mediazione anche se non obbligatoriamente. Si deve considerare però che la Corte aveva preso la decisione di cui sopra basandosi solo su un dato formale e non entrando –per fortuna dell’istituto – nel merito della questione essendosi limitata a rilevare che il Governo nel redigere il D.Lgs 28/10 non si era attenuto al mandato contenuto nella legge 60/09.

L’intervento della Comunità Europea in tema di mediazione

Con il D.M. 145/2011 è intervenuto il Parlamento Europeo con risoluzione del 13 settembre 2011 con la quale, tenendo in considerazione la direttiva 2008/52/CE il cui 6 obiettivo, com’è noto, era quello di promuovere la composizione amichevole delle dispute incoraggiando il ricorso alla mediazione, aveva precisato come il requisito della confidenzialità della mediazione avesse avuto un approccio diverso da Stato a Stato prevedendo, ad esempio, l’Italia un approccio rigoroso contrariamente alla Svezia ed osservando, tra l’altro, come ai sensi dell’art 6 della direttiva, la maggior parte degli Stati membri avesse disposto una procedura per conferire all’accordo transattivo di mediazione la stessa autorità di una decisione giudiziaria, circostanza sicuramente rilevante per garantire un maggior incentivo all’uso dell’istituto in esame che, altrimenti, perderebbe del proprio significato deflattivo. Il Parlamento Europeo inoltre osservava come altro presupposto essenziale ai fini dell’istituto della mediazione fosse sicuramente quello riguardante gli effetti di quest’ultima sui termini di decadenza e prescrizione (circostanza su cui gli Stati membri non ebbero a sollevare alcuna questione). Alcuni Stati poi avevano scelto di andare oltre i requisiti fondamentali della direttiva predisponendo incentivi finanziari per la partecipazione alla mediazione e sanzioni nel caso di mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria. Una nota di merito su questi aspetti doveva essere data sicuramente all’Italia che aveva puntato ad una riforma del sistema giuridico volto ad alleggerire il carico di lavoro dei propri tribunali. Forse nel caso italiano, sia consentita questa critica, il problema stava e sta a monte essendo radicato, ad avviso di chi scrive, in una cultura sociale non improntata ad una risoluzione preventiva delle controversie ed anche ad un sistema giudiziario che, prevedendo tempi lunghi di risoluzione, è terreno fertile, molto spesso, per la parte in torto ( si pensi solamente a quanto sentenze risultano poi inattuate in 7 quanto la parte debendi non ha niente da perdere o ancor più nel caso la stessa sia una società cancellata o fallita al momento della emissione della sentenza). Su questa scia il Parlamento Europeo con la propria risoluzione, facendo un quadro completo della situazione verificatesi negli Stati membri a seguito dell’introduzione della mediazione, riteneva comunque necessaria una consapevolezza e una comprensione maggiore della mediazione con necessità di azioni volte a favorire culturalmente e a sensibilizzare il ricorso alla mediazione. Sensibilizzazione che, per quanto riguarda il nostro paese, con il decreto del fare, è stata prevista anche attraverso gli operatori di diritto ed in particolar modo gli avvocati che debbono necessariamente informare i propri assistiti riguardo allo strumento della mediazione ed alle agevolazioni ad essa attinenti, dovendo inserire tale informativa, pena l’annullabilità, anche nel mandato.

Il decreto del fare: la mediazione ridiviene obbligatoria

Dopo questo “arresto” dell’istituto della mediazione con il decreto del fare viene reintrodotta la mediazione obbligatoria con l’introduzione di alcune modifiche rispetto alla “vecchia” disciplina. Con questa normativa, in primis, si stabilisce che tutti gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori (si ricordi che nella disciplina passata, invece, era necessaria la frequentazione di corsi di specializzazioni ad hoc) e la loro assistenza alle parti in mediazione è obbligatoria e non più facoltativa. L’obbligatorietà della mediazione civile e commerciale torna ad essere, e non poteva essere diversamente, condizione di procedibilità in relazione a numerose controversie e precisamente in materia di : condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, 8 patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno per responsabilità medica, diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi e bancari. Resta esclusa, forse con qualche perplessità, la materia di responsabilità per danno da circolazione stradale (si ricordi che attualmente sia intervenuta in tal materia una ulteriore riforma che ha introdotto l’istituto della negoziazione assistita, istituto da tener ben distinto dalla mediazione anche se rientrante tra quegli strumenti volti alla risoluzione delle controversie extragiudiziali). La procedura rispetto al passato sostanzialmente non è stata,poi, modificata anche se si prevede una riduzione dei tempi da quattro mesi a tre mesi. La mediazione inizia con il deposito di un’istanza presso un organismo abilitato territorialmente competente per la controversia (si ricorda che in precedenza la domanda era svincolata dal criterio della competenza determinato dal cpc). Come già accennato l’avvocato dovrà inserire nel mandato che il cliente gli conferirà, pena l’annullabilità dello stesso, la informativa riguardante l’istituto della mediazione. Nei casi di mediazione obbligatoria, l’improcedibilità della azione giudiziaria dovrà essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Qualora il giudice rilevi che la mediazione è già iniziata ma non ancora conclusa, fisserà un’udienza successiva dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6 (tre mesi). Allo stesso modo provvederà quando la mediazione non sia stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Ulteriore novità introdotta dal decreto del fare riguarda il fatto che anche in fase di appello il giudice possa disporre l’esperimento del procedimento di mediazione 9 divenendo la stessa, in tal caso, condizione di procedibilità anche per il secondo grado di giudizio. Altra novità introdotta dalla disciplina in esame riguarda il fatto che il mediatore al primo incontro deve chiedere espressamente alle parti se intendano iniziare la procedura. Solo qualora le parti rispondano affermativamente si potrà dare inizio alla mediazione vera e propria rimanendo, altrimenti, in caso di risposta negativa solo una formalità ai fini della procedibilità. Nel caso, poi, di mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice potrà desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116 secondo comma cpc e condannerà la parte che non ha partecipato al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma d’importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Qualora il provvedimento che definisce il giudizio si sposi interamente con il contenuto della proposta che in sede di mediazione era stata formulata dal mediatore, il giudice escluderà la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vittoriosa che ha rifiutato la proposta e la condannerà al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto: ciò alla luce del principio di economicità del processo. Quando, invece, il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponda al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali motivi, potrà escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta dal mediatore, indicando, ovviamente, le motivazioni che hanno portato a tale decisione in sentenza. 10 Si deve sottolineare che seppur la nuova disciplina conferisca la qualifica di mediatore a tutti gli avvocati iscritti, in realtà, coloro che risultano iscritti ad organismi di mediazione debbono essere adeguatamente formati e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento anche alla luce dell’art. 55 del codice deontologico forense.

Il Decreto del 4 agosto 2014 n. 139 : aspetti e perplessità

Successivamente il Governo è poi nuovamente intervenuto in materia con il decreto del 4 agosto 2014 n. 139 prevedendo oltre ad alcuni oneri in capo agli organismi di mediazione anche la rilevante circostanza che l’avvocato iscritto come mediatore non possa assistere un proprio cliente in mediazione dinanzi all’organismo presso cui è iscritto; divieto che si estende altresì ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali. Tale previsione lascia, onestamente, perplessi anche in quanto tale meccanismo funziona anche nell’ipotesi in cui l’organismo di mediazione sia stato scelto da controparte che potrebbe, quindi, ad hoc scegliere un organismo al solo fine di evitare alla parte di avvalersi di un certo professionista. Ma inoltre se un avvocato mediatore risulta iscritto in più organismi di un circondario dove potrà proporre la domanda di mediazione in considerazione anche dei criteri di competenza a cui la domanda di mediazione è legata? Domande che presuppongono che il legislatore non ha avuto, nella redazione della norma, una visione pratica dell’istituto in esame. Meno perplessità sicuramente, invece, porta la disposizione normativa prevista dal suddetto decreto secondo la quale il mediatore non possa assumere l’incarico qualora 11 abbia o abbia avuto, negli ultimi due anni, rapporti professionali con una delle parti. Tale disposizione che trae origine dal codice deontologico forense sicuramente non desta perplessità stante il requisito d’imparzialità che deve avere il mediatore. Infine il mediatore non potrà assumere l’incarico professionali da una delle parti nemmeno successivamente alla propria nomina non potendo intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento: anche in questo caso il divieto si estende ai professionisti soci o colleghi che lavorano nello studio dell’avvocato mediatore. L’incompatibilità in cui il mediatore il mediatore versa dovrà quindi essere da questi dichiara firmando, tra l’altro, all’uopo una dichiarazione, al momento di assunzione dell’incarico. Qualora, quindi, il mediatore sia incompatibile, l’organismo provvederà necessariamente alla sua sostituzione del mediatore. Qualora, invece, si scopra l’incompatibilità del mediatore non dichiarata questi sarà passibile di sanzioni disciplinari. Conclusioni

Concludendo si può quindi ritenere che le novità introdotte in tema di mediazione siano sicuramente foriere di un incentivo all’utilizzo di questo istituto avendo comunque portato a dei miglioramenti rispetto al passato anche se non scevre da alcune perplessità, come poc’anzi rilevato. Ad avviso di chi scrive necessari saranno, però, altri interventi da parte del legislatore per limare quegli aspetti critici ad oggi ancora sussistenti e soprattutto volti ad affrontare la problematica non solo, come spesso avviene, con una modifica procedurale dell’istituto ma altresì a 360° minimizzando i tempi della giustizia e dei procedimenti 12 giurisdizionali in quanto in costanza di una durata media di una causa in Tribunale di 5 anni (contrariamente a quanto, tra l’altro sostenuto dalla Comunità Europea che ha portato nel nostro ordinamento alla introduzione della c.d. legge Pinto) l’istituto della mediazione non potrà essere un istituto incentivante per chi si trova a dover dare ragione in una eventuale causa o per quelle società quali ad esempio banche o assicurazioni che traggono i loro proventi da un ritardato pagamento.

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