La legge dalla parte di chi ha torto è frutto di una riflessione fatta sul campo, esercitando la professione tutti i giorni nei tribunali.
E’ un titolo ovviamente provocatorio ma che ha delle verità.
Qui parliamo dei casi in cui è la legge a farla fare franca a chi ha torto, altra cosa sono poi le decisioni errate dei giudici che, nel nostro Paese, non sono in pratica mai responsabili.
Prendiamo, ad esempio, il proprietario di un immobile.
Spesso il proprietario di un immobile locato si trova in gravi difficoltà nel caso in cui l’inquilino inizi a non pagare e pertanto voglia decidere di intraprendere la procedura per buttarlo fuori di casa.
Voglio subito precisare, anche se la situazione in pratica non cambia che non si sta parlando di quelle persone che, purtroppo, si sono trovate davvero in difficoltà ma dei soliti furbetti all’italiana e cioè di coloro che Alberto Vecchi, nel suo libro, definisce “gli scrocconi”.
A costoro non vi dovrebbe essere una legge che li tutela ma anzi, al contrario, dovrebbe tutelare chi si trova costoro sulla propria strada.
Ma in realtà non è affatto così!
Torniamo all’esempio del proprietario dell’immobile.
Il contratto di locazione è come sappiamo un accordo tra le parti che ha forza di legge tra le stesse.
I soggetti che lo sottoscrivono debbono adempiere ambedue secondo ciò che hanno stipulato.
Nel caso di inadempimento, pertanto, sarebbe ovvio presumere l’immediata risoluzione del contratto e nel caso di locazione l’immediata restituzione dell’immobile al legittimo proprietario.
La legge o meglio la procedura che si va ad instaurare in caso di sfratto non è però proprio dalla parte di chi ha ragione ed anzi sono fermamente convinto che lo Stato abbia creato, di fatto, un sistema per tutelare, molto spesso gli scrocconi.
In teoria, infatti, tutto sembra perfetto e funzionante ma quando si passa alla pratica si vede che, in realtà, le cose vanno in modo ben diverso con meraviglia e rammarico di chi, uscito dall’università, credeva di aver capito che la giustizia nei tribunali sempre trionfa per poi accorgersi che, invece, è completamente cieca.
Uno dei mille esempi in cui la legge è dalla parte di chi ha torto.
Vediamo in pratica questo ragionamento applicato alla procedura di sfratto.
Facciamo caso che l’inquilino non paghi da alcuni mesi volontariamente e non perché impossibilitato ed il proprietario decida, anche perché non ha altre alternative, di proporre la procedura di sfratto.
Questi dovrà quindi instaurare il primo giudizio ed intanto pagare le spese di contributo oltreché l’avvocato per fare lo sfratto
In quanto italiani siamo i cittadini credo più tassati al mondo e ritengo veramente una cosa indegna che, oltre alle tasse salatissime che possono arrivare oltre il 60%, lo Stato faccia pagare anche l’accesso alla giustizia con contributi, marche e registrazioni varie: questo però è un discorso a parte su cui si potrebbe discutere per ore e che tralascerò in questa sede.
Una volta instaurata la procedura verrà fissata – con calma – l’udienza di sfratto e nel frattempo l’inquilino resterà nell’immobile gratis.
All’udienza di sfratto, spesso, si presenta l’inquilino chiedendo il termine di grazia per il pagamento.
In realtà il moroso non ci pensa nemmeno a voler pagare ma vuole prendere tempo e restare ancora nell’immobile gratis.
Ma cos’è il termine di grazia?
Il termine per il pagamento dei canoni scaduti, comunemente detto “termine di grazia“, può essere concesso dal Giudice al conduttore moroso il quale, citato in giudizio a causa del mancato pagamento del canone di locazione, versi in comprovate condizioni di difficoltà economica.
Il Giudice, ove richiesto dal conduttore all’udienza di prima comparizione (che deve pertanto costituirsi in giudizio e presentarsi personalmente o a mezzo del proprio procuratore), può concedere un termine non superiore a 90 giorni per consentire al conduttore di versare, interamente:
- l’importo dovuto per i canoni scaduti alla data di intimazione dello sfratto (e pertanto non gli eventuali ulteriori canoni scaduti e non pagati successivamente alla data dell’intimazione);
- l’importo dovuto per gli oneri accessori, quali ad esempio le spese condominiali, alla data di intimazione dello sfratto (e non quelli eventualmente scaduti e non pagati successivamente);
- gli interessi legali sugli importi precedenti;
- le spese legali(onorari di avvocato, marche da bollo e spese di notifica) liquidate dal Giudice.
L’udienza viene così rinviata a non oltre 10 giorni dal termine sopra assegnato, al fine di verificare l’esatto adempimento del conduttore. Questi, al fine di evitare la convalida dello sfratto, dovrà versare tutte le somme indicate dal Giudice entro il termine concessogli; in mancanza di versamento (o nel caso di versamento parziale) all’udienza successiva lo sfratto per morosità verrà convalidato senza possibilità di eccezione e potrà così aprirsi la fase esecutiva per il rilascio dell’immobile.
Ora il bello è che nella prassi giurisprudenziale, per ottenere il termine di grazia non occorre comprovare alcunché, in spregio al dettato normativo; è sufficiente infatti la semplice richiesta del conduttore perché il Giudice conceda un termine, di regola di 90 giorni, per sanare la morosità.
Su mia espressa eccezione in quanto la normativa sarebbe chiara parlando di comprovate ragioni un Giudice mi rispose: le ragioni sono evidenti….se l’inquilino non ha pagato vuol dire che è in difficoltà!
Ma che bel ragionamento! Magari il moroso non paga perché vuole fare il furbo, gira in Mercedes ma per il giudice è in difficoltà: qui si dovrebbe aprire una parentesi in tema di responsabilità personale dei giudici per queste decisioni, responsabilità praticamente assente allo stato attuale.
La legge prevede poi che nonostante la morosità il conduttore, all’interno di un quadriennio, ha la possa sanare la morosità in sede giudiziale per ben 4 volte!!
Ciò significa che il conduttore moroso può subire 4 cause di sfratto per morosità (saldando l’arretrato e le spese legali entro l’udienza) prima che il Giudice risolva il contratto e disponga definitivamente il rilascio dell’immobile.
Peraltro il conduttore potrebbe evitare lo sfratto per morosità versando i soli canoni arretrati sino alla data dell’atto di intimazione, magari continuando ad essere moroso per le mensilità successive. In tal caso si verificherà una seconda morosità che obbligherà il locatore ad azionare una nuova procedura di sfratto per morosità, sul presupposto del mancato pagamento dei canoni successivi.
Dulcis in fundo….il giudice, finalmente convalida lo sfratto ma l’inquilino non se ne va e continua a non pagare.
Si apre la fase della esecuzione dello sfratto con i vari accessi da parte degli ufficiali giudiziari e ulteriore termine per l’inquilino con la legge, ancora una volta, dalla parte di chi ha torto.
Una lancia in favore debbo però, per mia esperienza, spezzarla in favore degli ufficiali giudiziari troppo spesso criticati e che sono coloro che si ritrovano poi la patata bollente in mano.
Debbo dire che spesso ci troviamo di fronte ad ufficiali giudiziari davvero molto competenti e ho notato una professionalità ed una padronanza di gestione degli sfratti non comune.
C’è da mettersi in testa che gli ufficiali giudiziari, senza l’uso della forza pubblica, non possono prendere l’inquilino e sbatterlo fuori di casa (circostanza che spesso il proprietario non comprende) e pertanto usano tutti i modi possibili per cercare di risolvere la situazione e far uscire l’inquilino anche tramite il sostegno degli assistenti sociali, ufficio casa del comune ecc.
Di solito al primo accesso l’inquilino non viene buttato fuori ma questo in quanto la forza dell’ordine non interviene e quindi vi è materialmente la impossibilità di eseguire lo sfratto.
Un libro molto interessante di cui consiglio la lettura è “sfrattati di Giuseppe Marotta” racconta le situazioni vissute da questo ufficiale giudiziario autore del libro che è stato persino spettatore di un suicidio proprio mentre stava eseguendo uno sfratto.
Nonostante ciò vi possono essere situazioni in cui per eseguire lo sfratto occorrono alcuni mesi e pertanto l’inquilino continuerà a non pagare alle spalle del proprietario.
Ora qualcuno potrà replicare : Bè, ma poi il proprietario farà il recupero di tutte le sue spettanze e quindi non avrà economicamente perso nulla.
In teoria questo è sicuramente vero ma, in pratica, spesso il moroso furbo non ha nulla di intestato, magari lavora a nero e la macchina che guida è in leasing o a noleggio o intestata alla compagna, figlia o parenti vari.
In pratica se materialmente non puoi prendergli nulla non avrai nulla anche se sulla sentenza del Tribunale tanto attesa e pagata ci sarà scritto indelebile la condanna al pagamento del moroso.
E molti questo lo sanno e lo sanno bene.
Come disse una parte, rivolta alla sua controparte, durante una trattativa già durata diverso tempo per arrivare al dunque: “ sappia che sono NT ( nulla tenente) e quindi o bere o affogare!”
Ed infatti oggi per paradosso tra i poteri forti possiamo ricomprendere anche i nulla tenenti e ciò è tanto vero che persino lo Stato si è reso in qualche maniera anch’esso nulla tenente.
Infatti nulla tenente è chi non ha beni da poter pignorare e lo Stato con varie leggi e leggine ha reso impignorabili tutti i propri beni rendendosi non aggredibile.
Non ci credete? Provate a fare un recupero, ad esempio, per la Legge Pinto e poi vedrete se riuscirete a smontare un sistema creato a favore di chi tutela non dovrebbe avere.
Sopra ho preso ad esempio una situazione di sfratto ma il principio vale in ogni situazione.
Ad esempio nel recupero credito ove non si recupererà un bel niente se l’altra parte si sarà reso nulla tenente.
Altro esempio della legge a tutela di chi ha torto lo possiamo trovare, persino, nel diritto penale per piccole truffe ove il colpevole prenderà una condanna che per lui è acqua fresca ed il danneggiato non otterrà nulla.
Ho conosciuto un soggetto che a 50 anni il suo lavoro era quello di truffare i malcapitati ed aveva sempre fatto questo nella vita. Aveva due pagine di precedenti penali e mai un giorno di galera si era fatto.
Un giorno venne da me una persona per farsi assistere in un reato di bancarotta fraudolenta volendo usufruire del gratuito patrocinio.
Questa persona viveva con sua moglie in una casa popolare, lavorava a nero così come pure la sua consorte ed entrambi ricevevano il reddito di cittadinanza. Eppure non era aggredibile: gli arrivava una multa e non la pagava, subiva una causa in tribunale e tanto sempre la vinceva perché comunque andava non avrebbe avuto conseguenze.
Da qui si ritorna pertanto al titolo di questo post: la legge dalla parte di chi ha torto, tema che ovviamente non si ferma a queste poche considerazioni ma che potrebbe riguardare anche tutti i casi di ingiustizie, di persone ingiustamente assolte, di risarcimenti mancati e di vittime gabbate, specchio di una giustizia che tale non è e che troppo spesso rimane una parola stampata sui libri di testo.
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