Il Silenzio degli Innocenti
In Tribunale, spesso, chi subisce le sorti di decisioni prese senza la dovuta attenzione e di liti assurde sono i bambini, terzi innocenti messi al bando per ripicche personali ed “usati” quali merce di ricatto.
Ovviamente mi riferisco alle cause di diritto di famiglia (separazione, divorzio, rottura della convivenza ecc) in cui i bambini non partecipano attivamente al giudizio ma subiscono le conseguenze delle liti dei propri genitori mosse da ripicche personali.
Troppo poco i genitori, in questi giudizi, guardano oculatamente, all’interesse dei figli, tanto è l’acredine tra i due ex, e di rado, poi, gli stessi vengono sentiti dal Giudice divenendo parte attiva del procedimento.
I bambini, pertanto, sono protagonisti e vittime silenti, quasi mai ascoltati, quasi mai capiti, quasi mai considerati.
Come descrisse nel suo libro “ I Perplessi Sposi” Gian Ettore Gassani con spietata ed amara ironia, la condizione dei figli contesi in una separazione è quella di un “bottino di guerra, il palio da contendersi, il movente per uccidere e suicidarsi, l’arma della vendetta e del ricatto, gli oggetti da espropriare, l’occasione per delegittimare e demonizzare il nemico, l’escamotage per ottenere la casa coniugale e i soldi. In altre parole, le vittime di inaudite violenze”.
Eppure, il diritto di famiglia ed il suo procedimento ha alla base principalmente proprio la tutela dei minori; l’errore di fondo è però che esso si basa su un presupposto spesso errato e cioè sul fatto che i genitori non dovrebbero mai strumentalizzare i propri figli per i fini più biechi, mantenendo, invece, un rapporto di rispetto reciproco e di collaborazione, improntato al buon senso, di pari dignità genitoriale e decisionale, di responsabilità, di amore verso le loro creature.
Negli ultimi dieci anni circa 1.500.000 figli sono stati protagonisti passivi della scelta dei loro genitori di separarsi o divorziare e molti di loro, almeno 1/3, hanno vissuto i momenti più delicati della propria esistenza in conflitti assurdi e biechi: i figli, però, non sono proprietà dei genitori!
La tutela dei minori deve, a mio avviso, essere affidata a magistrati ed avvocati specializzati, questi ultimi dotati di umanità ed anche un po’ psicologi, scevri da quel brutto vezzo di vincita e/o perdita di una causa: qui non si vince e non si perde, si decide della vita di un bambino e questi non deve mai perdere, non deve mai veder calpestato il suo diritto di crescere nel migliore dei modi, di crescere con quella serenità che gli è dovuta .
Una effettiva tutela degli interessi dei minori può essere garantita a condizione che non si impongano decisioni avulse da una equilibrata valutazione delle aspirazioni, delle opinioni, dei desideri e del volere del bambino.
A questa finalità risponde l’ascolto del minore, diritto riconosciuto, prima, da norme sovranazionali, e finalmente espresso a chiare lettere dall’art. 315 bis c.c., come introdotto dalla recente Legge n. 219/2012.
Già a livello sovranazionale la Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata con legge n. 176 del 27 maggio 1991, all’art. 12 ha riconosciuto, da tempo, al minore il diritto all’ascolto ed alla completa partecipazione nei processi che lo riguardano, a seconda della capacità di discernimento dello stesso (tale Convenzione è stata dichiarata immediatamente precettiva dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 16 gennaio 2002).
Successivamente la Convenzione di Strasburgo del 1996 (ratificata con legge 20 marzo 2003 n. 77), all’art. 6, ha previsto un vero e proprio “ascolto informato” del minore, prevedendo che ogni decisione relativa ai minori indichi le fonti delle informazioni, sulla base delle quali il Giudice è pervenuto alle conclusioni che hanno giustificato il provvedimento adottato nel quale deve tenersi conto dell’opinione espressa dai minori, salvo che l’ascolto o l’audizione siano dannosi per gli interessi superiori dei minori stessi.
Nell’ambito del diritto interno, l’audizione del minore è prevista quale adempimento obbligatorio nel procedimento in cui il Giudice debba decidere in ordine a situazioni di diretto interesse del fanciullo (art. 155-sexies comma I c.c.). La Suprema Corte di Cassazione, con l’intervento a Sezioni Unite del 21 ottobre 2009 (v. Cass. civ., Sez. Unite, 21 ottobre 2009 n. 22238, Pres. Carbone, rel. Forte) ha, in tal senso, affermato che, in relazione all’art. 6 della Convenzione di Strasburgo, ratificata dalla legge n. 77 del 2003, e all’art. 155 sexies c.c., introdotto dalla Legge 8 febbraio 2006 n. 54, si deve ritenere necessaria l’audizione del minore del cui affidamento deve disporsi, salvo che tale ascolto possa essere in contrasto con i suoi interessi fondamentali e dovendosi motivare l’eventuale assenza di discernimento dei minori che possa giustificarne l’omesso ascolto.
Con questa sentenza la Suprema Corte ha affermato che l’audizione dei minori nelle procedure giudiziarie che li riguardano e in ordine al loro affidamento ai genitori è divenuta obbligatoria con l’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003 (v. Cass. 16 aprile 2007 n. 9094 e 18 marzo 2006 n. 6081), per cui ad essa deve procedersi, salvo che possa arrecare danno al minore stesso.
L’importanza dell’audizione è, peraltro, ribadita nelle “Linee guida del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di bambino”, adottate dal Comitato dei Ministri il 17 novembre 2010, dove è rimarcato il diritto del minore ad avere la possibilità di esprimere la propria opinione nell’ambito dei procedimenti che lo riguardano.
Infine con la Legge 10 dicembre 2012, n. 219 che ha inserito, nel codice civile, il nuovo art. 315-bis , si è previsto, al comma 2, che “il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”.
Con l’introduzione di questa norma il minore diviene o dovrebbe divenire, pertanto, vero e proprio soggetto di diritto che deve essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che investono la sua sfera giuridica e personale.
Viene ribaltata, così, la posizione di diritto sostanziale del minore rispetto all’ascolto: ed invero, se l’art. 155 sexies c.c. (introdotto dalla L. n. 54/06) contempla il minore, che abbia compiuto gli anni dodici, o anche di età inferiore ove capace di discernimento, quale soggetto passivo di un adempimento processuale del Giudice che deve emanare i provvedimenti relativi al suo affidamento ed al suo mantenimento, il nuovo art. 315 bis c.c. eleva il minore a titolare del diritto ad essere ascoltato.
Ascoltare –questo il verbo usato dalla norma – richiede, in chi ascolta, attenzione verso l’altro, desiderio di capirlo, disponibilità a modificare le proprie opinioni in conseguenza dell’ascolto: questo è il compito che oggi deve essere attribuito ai Giudici.
Ad oggi, però, l’esigenza sentita del legislatore di dare voce ai minori, di “ascoltare” le loro opinioni, di renderli partecipi delle vicende che li riguardano – ancorché in contesti adeguati alla loro età e con modalità atte a preservarne l’integrità psichica – spesso non trova sfogo nei tribunali restando una mera enunciazione di principio non essendo ancora emersa una cultura che possa surclassare l’idea che gli adulti possano decidere la sorte dei propri figli spesso merce dei loro rancori.
Ce ne vorrà ancora di tempo per superare quel grido innocente di bambino che chiede giustizia e per abbattere quel muro di silenzio dietro a cui i tribunali si sono trincerati in questi anni forti di quell’incapacità che la legge addossa ai minori ma che molto spesso è propria dei loro genitori che non riescono a tutelarli ritenendoli merce di scambio per le loro rivendicazioni personali.