La Corte di Cass. Sez. II Civile con sentenza n. 12953/11 depositata il 14 giugno ritorna sul tema delle tabelle per il calcolo risarcitorio da sinistro stradale e, nel caso di specie, per perdita di congiunto. Il concetto ribadito in questa sentenza dalla Corte è che bisogna evitare assolutamente duplicazioni di danno provvedendo ad una liquidazione che deve tener conto di tutti gli aspetti ivi comprese anche quelle situazioni di fatto che si discostano effettivamente dalle situazioni ordinarie, tanto da connotare un apprezzabile peculiarità. In questo caso è possibile discostarsi dalle tabelle in vigore , incrementandole e personalizzandole.
In questa sentenza il caso trattava la morte di un giovane e le richieste risarcitorie dei familiari. Gli Ermellini ricordano, nella predetta, sentenza, che la perdita del congiunto costituisce un danno non patrimoniale a cui bisogna fare attenzione, nella liquidazione, onde non riconoscere con un “lassismo interpretativo” e con facilità la personalizzazione delle tabelle con discrasie duplicative dei danni. Nel caso de quo è indubbio che la morte di un giovane figlio causi uno stato di sofferenza, prostrazione ecc. ma ciò non può essere considerato come un fatto straordinario che si discosti dall’ipotesi già contemplata al momento della formazione delle tabelle. Quindi tale sofferenza , di per sè sola, non può comportare un aumento ed una personalizzazione delle tabelle in vigore. Per quanto riguarda il danno patrimoniale futuro – anche distante cronologicamente dalla attualità – come la perdita degli alimenti, a carico del figlio, da parte dei genitori, la Cass. sottolinea come debba essere ottemperato il principio dell’onere della prova da parte dei richiedenti quantomeno in termini di ragionevole probabilità. In tal caso però non ci si potrà avvalere della presunzione dell’id quod plerumque accidit.
Infine la Corte chiarisce che la formula di rito che spesso viene messo nelle citazioni ” tutti i danni patiti e patiendi” nelle conclusioni protegge il richiedente per quel concerne i danni patrimoniali e non , richiesti iure proprio, e cioè relativamente alle posizioni giuridiche facenti capo al singolo richiedente. Lo stesso, però, non può dirsi per le richieste danno iure successioni. Nel caso di specie tale circostanza riguardava il risarcimento del danno patito dal soggetto leso e poi deceduto ( si ricorda che il diritto iure succesionis non sussiste nel caso di morte all’istante) a distanza di qualche giorno a causa delle lesioni. Tale danno non potrà quindi essere ricompreso genericamente nella formula ” tutti i danni patiti e patiendi” ma dovrà essere espressamente formulato a pena di inammissibilità quale domanda nuova se proposta in sede di appello o in cassazione.