La macchina legale in merito al disastro Costa Concordia non deve limitarsi al mero risarcimento del danno ma bensì tendere alla verità e giustizia affinchè quello che è accaduto non si ripeta. Limitarsi al semplice lato risarcitorio sarebbe come paragonare il disastro Concordia ad un risarcimento da sinistro stradale ( senza nulla togliere ovviamente a questo campo) ma ovviamente la situazione è ben diversa. E’ per questo motivo che Legalius sta facendo una indagine a tutto tondo e oltre che porre attenzione al danno psicologico , sta ponendo attenzione anche al lato tecnico-ingegneristico della situazione. Infatti anche il coadiuvarsi di tecnici, futuri periti nella causa penale e in un eventuale – molto probabile -futuro incidente probatorio è di fondamentale importanza.
Per comprendere quanto ciò sia rilevante pubblichiamo una relazione dell’ing. Fabrizio D’Errico del Politecnico di Milano , nostro consulente, da questi proposta all’Università Bocconi. Come potrete facilmente capire dalla relazione e dalla battaglia in corso per la Strage di Viareggio e quella che verrà per il disastro Concordia, non è possibile, in questi casi, affrontare una azione risarcitoria e penale prescindendo da valutazioni tecniche. Se così si facesse i diritti delle vittime verrebbero quasi sicuramente limitati e non ben tutelati.
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Sistema probatorio, scientificità della prova e responsabilità penale nell’ambito degli incidenti industriali: l’incidente probatorio della Strage di Viareggio
Fabrizio D’Errico1, Politecnico di Milano, Dipartimento d Meccanica, Via La Masa 34, 2015 6 Milano
Introduzione
Appena fuori dallo scalo ferroviario di Viareggio, in data 29 Giugno 2009, aveva luogo l’incidente con strage di civili più grave della storia delle ferrovie italiane in tempo di pace. Il primo di 14 carri cisterna contenenti GPL deragliava per la rottura del secondo asse del primo carrello e determinava lo “svio” (uscita dal binario) mentre il treno merci che viaggiava da Trecate a Gricignano transitava verso le 23.50 lungo il quarto binario della stazione di Viareggio ad una velocità di circa 94 kmh. La banchina del quarto binario impediva (nella sfortuna della tragedia, una fortuna per i danni limitati) che il primo carro cisterna piombasse in Stazione con tutti i vagoni ad esso agganciati. Ma raggiunto pressoché il termine della banchina passeggeri del quarto binario il primo carro cisterna si ribaltava sul suo fianco sinistro, nel senso di marcia del treno, ed a seguire trascinava nel ribaltamento altri tre carri in coda a questo.
Secondo le ricostruzioni della dinamica dell’incidente fatte dal Consulente della Procura, il prof. Paolo Toni dell’Università di Firenze, concordate su molti aspetti da tutti i consulenti tecnici di parte lesa e da alcuni consulenti di parte indagata (precisamente quelli della società proprietaria dei carri, GATX) il primo carro cisterna ribaltato percorreva – ancora agganciato al locomotore – una sessantina di metri a velocità sostenuta, “arava” le traversine in mezzo ai binari, “sormontava” i binari (detto, piano del ferro o p.d.f) mettendosi in obliquo. Si ipotizza che, ancora agganciato al locomotore, si proiettava definitivamente verso il corpo tagliente identificato dal “picchetto di regolazione delle curve n.23”, ovvero un oggetto non più utile al giorno d’oggi, ma che un tempo veniva impiegato nella fase di manutenzione, controllo e ripristino della curvatura dei binari.
Il picchetto di regolazione (ce ne sono tuttora lungo le linee non ad Alta Velocità e linee non ammodernate) non è altro che uno spezzone di rotaia fissato nel terreno ad una certa profondità da una base di calcestruzzo. Il Consulente della Procura e diversi consulenti di parte lesa attribuiscono a tale elemento la perforazione e taglio prodottasi sul mantello della cisterna durante le ultime fasi della corsa del carro cisterna n.1.
In opposizione a questa ipotesi, la parte indagata Ferrovie dello Stato attribuisce la foratura e taglio del mantello della cisterna ad un “elemento insostituibile dello scambio” denominato zampa di lepre per via della sua particolare conformazione. Tale elemento è posto, sulla scena dell’incidente, diversi metri indietro (cioè percorrendo il cammino in senso opposto al senso di marcia del treno) rispetto il picchetto n.23.
Da un punto di vista giuridico, le due ipotesi si contrappongono, pare, per il fatto che l’elemento zampa di lepre sia elemento insostituibile della linea, il picchetto invece, oltre che obsoleto nell’utilizzo, no.
Specialmente durante lo svolgimento delle attività di perizia nell’ambito incidente probatorio2 le due posizioni hanno scatenato fin da subito accesi dibattiti e animati confronti tra i consulenti tecnici. Anche perché le due ipotesi non sono per niente conciliabili. È evidente che una delle due non ricostruisce la veridicità dei fatti.
Generalmente si deve assumere che nell’ambito di incidenti industriali, la ricostruzione dei fatti non può assurgere al vero se non attraverso una corretta interpretazione delle evidenze, o meglio, di tutte le evidenze messe a disposizione della polizia giudiziaria e scientifica (PG).
Ma non basta. Occorre che il giudice ed il legale siano messi in condizione di capire e di formulare il proprio ragionamento probatorio garantiti dal corretto ragionamento scientifico del consulente tecnico. Quest’ultimo non deve quindi concentrarsi sul particolare interpretandolo a proprio piacimento e non dovrà mai, per una singola evidenza considerata che sembri faccia tornare l’ipotesi formulata, tralasciarne consciamente o inconsciamente altrettante che invece la confuterebbero.
Nell’aula di udienza, il 4 Novembre 2011 si è posto un problema di metodo. Le ipotesi che sono state spesso formulate hanno parlato con un linguaggio astratto e incomprensibile. E che spesso è stato incomprensibile anche per i tecnici.
Il fatto
Il testo che segue è una sintesi di quanto accaduto l’ultima giornata di udienza nell’ambito dell’Incidente Probatorio svoltasi il 4 Novembre 2011 presso il Tribunale di Lucca.
Il testo è stato adattato dall’originale pezzo scritto dalla giornalista Franca Selvatici di Repubblica che, insieme ad altri colleghi della stampa locale, ha seguito i tre giorni di udienza al di fuori dell’aula di Tribunale.
Siamo a Lucca, il 4 Novembre 2011 e la giornalista scrive a caldo una sintesi dell’ultima giornata di udienza.
“Si è concluso in maniera traumatica l’incidente probatorio sulla strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009, il cui tragico bilancio conta 32 morti, numerosi gravissimi feriti e la distruzione di un pezzo di città. Il gip ha difeso i suoi periti, i professori Dario Vangi e Riccardo Licciardello, e il loro lavoro. Per contro la procura di Lucca ipotizza il reato di falsa perizia. Al termine della udienza, cominciata il 2 novembre e durata tre intensissimi giorni, i pm Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino hanno chiesto al gip Simone Silvestri la ricusazione per incompatibilità di uno dei periti, l’ingegner Riccardo Licciardello dell’Università La Sapienza di Roma, che nel maggio scorso aveva rinnovato con il Ministero delle infrastrutture, Direzione generale per il trasporto ferroviario, un contratto di consulenza sulla sicurezza ferroviaria retribuito con un compenso di 12 mila euro a carico di Rfi, la società del Gruppo Ferrovie che gestisce le infrastrutture, molti dirigenti della quale, fra cui l’ad Mario Michele Elia, sono fra i 38 indagati per disastro ferroviario e incendio colposi e omicidio colposo plurimo. Un perito deve essere super partes e non può avere rapporti di alcun genere con le parti in causa.
Tuttavia il gip ha respinto l’istanza della procura, affermando che l’ingegnere è stato scelto dal Ministero e non da Rfi cui per contratto spetta solo l’onere del compenso, e dunque non può essere ritenuto in condizione di sudditanza psicologica nei confronti della società.
A quel punto la procura ha presentato una seconda istanza di sostituzione dei periti per negligenza, affermando che la perizia, le cui conclusioni coincidono con quelle dei consulenti delle Ferrovie, non ha risposto alle domande relative alle cause del deragliamento del treno merci che trasportava gpl e dello squarcio nella prima cisterna ribaltata, da cui è uscito il gas, che in pochi attimi si è incendiato ed è esploso. (Nel corso dell’incidente probatorio il consulente della procura, professor PaoloToni, e i consulenti dei familiari delle vittime e delle istituzioni, dalla Presidenza del Consiglio, alla Regione Toscana, alla Provincia di Lucca, fra cui i professori Marco Boniardi e Fabrizio D’Errico del Politecnico di Milano, hanno confutato sotto numerosi profili la perizia, contestando non solo le conclusioni ma il metodo stesso seguito dai due esperti del gip (l’altro è il professor Dario Vangi dell’università di Firenze), che a loro giudizio non ha tenuto conto di rilevanti evidenze sperimentali.)”
E si legga come la sua collega Donatella Francesconi del Tirreno commenta la perizia chiedendo notizie a chi, non tecnico, era presente in aula:
“[…]La perizia. Ed allora merita di ricordare alcune delle frasi indimenticabili della perizia di Riccardo Licciardello e Dario Vangi. «La dinamica dell’incidente è secondaria, secondo lei?». È la Procura a rivolgere questa domanda ai periti del Gip. Nell’aula del Polo fieristico di Lucca risuona la risposta di Dario Vangi, perito del Tribunale: «La dinamica è secondaria…non si può calcolare, è avvenuta come è avvenuta». Il pubblico ministero insiste: «Come mai non avete accertato la cinematica (del carro, ndr)? ». Stavolta è Riccardo Licciardello, l’altro perito del gip, a rispondere: «Si sarebbero fatti accertamenti se si fosse voluto capire l’esatta dinamica. Si sarebbe dovuto fare alcuni calcoli che non avevamo il tempo nè la necessità di fare ». Ed ancora. «Avete basato le vostre priorità su deduzioni? Quale base scientifica vi è sul fatto che ciò che per voi è priorità lo sia scientificamente?». La Procura incalza i periti del gip con le proprie domande: «Molti elementi sono stati valutati in maniera deduttiva», risponde l’ingegnere Riccardo Licciardello. Dalla dinamica all’incendio lo scenario non cambia: «Il Gpl è un gas pesante che esce in fase liquida. Ma non vi sono segni vicino alla zampa di lepre…». È Paolo Toni, perito della Procura di Lucca, a porre le domande ai periti del giudice Silvestri. «La velocità di flusso del gas – continua Toni – era pari a 334 km/ora ed una scia del gas fuoriusciva al momento che la cisterna traslava il binario…L’avete valutato?». Risponde l’ingegnere Vangi: «Sì. Il gas che usciva ha provocato una buca e quindi abbiamo valutato che l’uscita del gas mentre il carro si muoveva potesse aver mosso qualche pietra…non si sa bene quanto un gas che esce dalla cisterna possa spostare…Non era comunque un elemento dirimente». Interviene il pm e domanda: «Perchè non vi siete fatti affiancare da un esperto in materia e per quale ragione non ne avete valutato la necessità?». Risponde ancora Vangi: «Lo abbiamo ritenuto elemento non dirimente». E così per tutto il dibattimento.
La chiusura dell’udienza è drammatica. In aula sono presenti anche i famigliari delle vittime della strage. Si legga l’intervento conclusivo del PM Giuseppe Amodeo:
“A norma dell’art. 231 c.p.p. chiedo la sostituzione dei periti per negligenza della perizia. Abbiamo sentito diversi non rilevante, non dirimente, una valutazione ad occhio ecc. In base a questi elementi i periti giungono alla conclusione che lo squarcio sia dovuto alla zampa di lepre senza elementi di fatto attendibili […] Qui si sta trattando di 32 persone decedute. Noi non sposiamo nessuna teoria, ben venga che ci venga detto che abbiamo sbagliato valutazione, ma vogliamo essere messi al muro!
I presupposti dati sono fallaci ed il dovere di verità, quali che siano le implicazioni processuali, non è stato fatto. Non sono state fatte nemmeno valutazioni con modelli matematici che abbiamo acquisito con due anni e più di lavoro. Non sono stati considerati una serie di elementi. Si è utilizzato un simulacro di resina ed una misurazione che poteva andare bene con il truciolo. Come possiamo accettare una perizia lacunosa con risposte chiaramente evitanti su mille contestazioni che sono state fatte dai consulenti di parte?
Cito “non abbiamo allegato le valutazioni perché le abbiamo scartate”; non c’è una risposta precisa sull’accertamento del momento di sganciamento del carro, non c’è nessuna valutazione sulla dinamica dei fatti.
Presidente, è come se noi condannassimo una persona perché somiglia vagamente all’autore di una rapina e non considerassimo che, in quel momento, non si trova, per esempio a Lucca dove è avvenuta la rapina, ma si trova altrove. La dinamica dei fatti (il punto in cui è avvenuto l’impatto): e se non considerassimo che la prova del DNA lo scagiona completamente, come lo condanniamo?
Lo condanniamo perché somiglia? Somiglia!
Somiglia il truciolo, somiglia la piegata a zampa di lepre! Non ci è stata data una risposta alle contestazioni che tra l’altro il Perito Toni ed anche il consulente Boniardi, hanno fatto sulle deformazioni sulla zampa di lepre che non sono assolutamente compatibili; si è contrapposto una apodittica convinzione: “per me non è così”.
Ma come “per me non è così”? Sulla base di cosa?
Quando il Professor D’Errico ha citato e ha chiesto se i due Periti avessero consultato la letteratura scientifica in materia di acciaio al manganese, questo benedetto acciaio che sembra che si indurisca quando viene colpito, non c’è stato nessun riferimento.
Devi essere capace di dire scientificamente a cosa si fa riferimento. Non c’è stata risposta alcuna ma si sono avute risposte ” per me è così”.
Dov’è la diligenza? Il 231 tra l’altro non l’aggettiva neanche questa negligenza; non è che dice negligenza grave. Dice negligenza, e basta. Allora questa va commisurata al dovere di diligenza che avevano i Periti, dovere di diligenza che li poneva anche nella condizione di esigibilità, da parte nostra, di una completa spiegazione della dinamica incidentaria. Spiegazione che è mancata completamente! E’ mancata completamente la dinamica del disastro fondata solo su due considerazioni di parte per arrivare alla zampa di lepre piuttosto che al picchetto. Sono strane le conclusioni dei periti.
Tutto galleggiane, appeso in aria, non dimostrato. Quali leggi di copertura giustificano l’evento?
Questo non può essere accettato in questa sede, io non voglio dire che la diligenza deve essere commisurata all’entità del danno ma qui ci troviamo davanti a disastri anche in considerazione della costituzione della tutela di salute. Ci troviamo di fronte a madri che hanno perso i propri figli che è una cosa mostruosa e figli che non hanno più madri. Noi vogliamo un’analisi puntigliosa, precisa. Ma questo c’è stato? Si può dire che c’è stato? I periti dicono che la verità non la sa nessuno: ed allora come si fa a dire che è stata la zampa di lepre?
Dicono i periti: non si sa come andata? Io vorrei sapere come è andata. Qualcuno ce lo vuol dire? […] I periti dicono: facciamo la stessa ipotesi per il picchetto e la zampa di lepre; può darsi che il segno sulla zampa di lepre sia dovuta ad un urto. Come si fa a dire queste cose? Non si sa se si tratta di abrasione, di usura?
Si può affidare la soluzione di un problema così grande ad un modellino in vetroresina che non si capisce come sia?
Se io prendo la mia scarpa e la infilo nel taglio, combacia anche quella: vuole dire che è stata la mia scarpa a fare il taglio? Per condannare un assassino devo avere argomenti incontrovertibili per condannarlo non posso dire somiglia.
La perizia lacunosa è grave come è grave che le ipotesi scartate non siano state indicate in perizia […]. E’ possibile che i periti non si siano preoccupati, avendo ricevuto per tempo le varie perizie, di screditare le varie perizie?
Nessuno di noi è innamorato di una tesi, ma vogliamo essere sconfitti. Sappiamo bene che nel processo penale che il carico del lavoro può condizionare il lavoro del giudice e dare una corsia preferenziale alla perizia del giudice. Qui non possiamo far si che accada. Non dobbiamo lasciare dubbi, nessuna ombra, nessun chiacchericcio, è un momento importantissimo per la giurisdizione […]. Teniamo la perizia del professor Toni, del Professor Boniardi, dei Professori Diana, De Iorio, D’Errico, anche quelle dei Professori Vangi e Licciardello. Sarebbe una perizia ulteriore, basata unicamente sulle carte, quindi voglio dire, sarebbe un accertamento “poco complesso” e probabilmente svolgibile da ingegneri o professionisti, che non necessariamente devono appartenere al mondo ferroviario […] Cosa ci impedisce di fare questo per far tacere ogni ombra di, non dico, di dubbio, ogni ombra di leggerezza da questa vicenda? A me sembra veramente una cosa non difficile, ecco.
Non ho altro da dire Presidente, grazie.” Il gip ha però respinto anche la seconda istanza di richiesta di sostituzione della perizia per negligenza, affermando che i periti hanno agito con diligenza, dichiarando chiuso l’incidente probatorio. La contestata relazione è ora allegata agli atti.
L’antefatto
Siamo al 1 Luglio 2009. Dopo poco più di 48 ore dall’incidente e dall’ incendio, la linea ferroviaria passante per la Stazione di Viareggio veniva completamente ripristinata.
Dopo minuziosa catalogazione, i materiali reperti di indagine venivano asportati dal luogo del disastro, riposti e conservati sotto sequestro. La notevole mole di documentazione fotografica ed audiovisiva e le misurazioni effettuate sulla scena del sinistro da parte della Polizia Scientifica intervenuta sul posto sono state raccolte, si è certi, con la massima scrupolosità e professionalità.
Se da un lato l’eccellente lavoro svolto dagli specialisti ha consentito ad oggi di catalogare preziose informazioni per la ricostruzione della scena dell’incidente, dall’altro una ricostruzione a posteriori, basata su documentazione fotografica o video limita fortemente le informazioni che possono essere a disposizione di un tecnico specializzato in indagini per la ricostruzione degli incidenti che interagisca direttamente con la scena dell’incidente. Operare attraverso una ricostruzione (a posteriori) prevalentemente fatta su reperti, pur se accuratamente selezionati e conservati, è pertanto fortemente limitante.
La scelta di rimuovere i reperti di prova dalla scena, prima dell’esame da parte dei periti, è stata quantomeno azzardata, nella stessa misura, permettendo il paragone,in cui si decida di ripulire la scena di un delitto di tutte quelle tracce che vengono lasciate in loco, per poi chiedere di eseguire (a posteriori) una ricostruzione degli accadimenti in maniera differita per via fotografica e filmografica. La difficoltà principale risiede nel fatto che il tecnico in tal caso non potrà introdurre un elemento fondamentale per la sua analisi: il riferimento spaziale.
Comunque la scena è stata documentata e subito si intuisce il cosa è successo qualche ora prima. Il secondo asse del primo carrello3 si è spezzato durante l’ingresso in stazione, lungo il quarto binario. Il carrello deragliato ha proseguito la sua corsa fino al ribaltamento. In seguito al ribaltamento, il carro cisterna è finito contro un oggetto (ancora è molto dibattuto sul quale sia) in grado di tagliare il mantello e provocare la fuoriuscita del GPL.
Il GPL in cisterna è contenuto allo stato liquido. In questo modo si riesce a stoccare, comprimendolo da gas a liquido, in grossi quantitativi impiegando basse pressioni. Una volta fuoriuscito, alla pressione atmosferica si ritrasforma di nuovo in gas. Mescolato all’aria diventa una miscela altamente infiammabile.
Il seguito è noto.
Ma di fondamentale importanza c’è uno scrupolo di indagine: l’identificazione dei reperti (evidenze) che la PG, guidata dall’Isp. Capo Angelo Laurino, Comandante del Compartimento di Polizia Ferroviaria di Milano, minuziosamente decide di fare si rivelerà una delle migliori carte che i consulenti della Procura e delle parti lese giocheranno in fase di ricostruzione dell’incidente e di discussione in aula.
Sull’importanza della ricostruzione degli eventi (sequenza degli eventi, SOE) per la ricostruzione delle responsabilità in ambito penale
Prima di affrontare il tema della prova scientifica in supporto alla ricostruzione dei fatti, ovverosia la ricostruzione degli eventi accaduti durante un incidente industriale, occorre soffermarci sulla importanza che riveste la stessa ricostruzione. In altre parole, il compito della ingegneria in supporto al ragionamento probatorio in ambito forense (nota nella accezione anglosassone con il nome di Forensic Engineering) è di servizio alla determinazione del come e del perché è successo, partendo da spunti sul cosa è successo.
È logico attendersi che, quanto più il processo mentale (ragionamento) svolto dall’ingegnere forense consideri attentamente e diligentemente il cosa, tanto più elevata sarà la probabilità che questi, assistito dalle sue competenze in ambito tecnico-scientifico, sia in grado di abdurre il come è successo. In altre parole, l’ingegnere forense deve sempre ambire a ricostruire l’accaduto in termini di fenomeni fisici e/o chimici che hanno determinato la variazione di un oggetto da uno stato pre-esistente all’incidente a quello successivo all’incidente.
Una volta ipotizzato il fenomeno (o fenomeni spesso concomitanti) in grado di spiegare il cosa egli osserva, allora sarà anche pronto al passo successivo: perché tale fenomeno si è sviluppato, ovvero da cosa è stato provocato e quali solo le relative concause. Di qui il passaggio successivo da condursi insieme al legale, al Procuratore o al Giudice, per la identificazione delle condotte che hanno avuto un effetto diretto sulle concause, spesso perché non hanno tenuto in considerazione adeguate misure per eliminare o contenere entro limiti sopportabili il rischio delle attività svolte.
Non essendo però lo scopo principale di questa trattazione approfondire le questioni riguardanti l’evitabilità dell’evento dannoso, si accenna soltanto al fatto che riguardo alle misure da intraprendere per contenere/evitare i rischi nella attività professionale, produttiva e commerciale, si fa riferimento a quelle concretamente attuabili. Ovverosia misure che nei diversi settori corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate ed accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti. La messa in pratica delle misure preventive (poste in essere per evitare il un evento prevedibile o limitarne il rischio) non sono condizionabili da fattori di natura economica, né si devono basare sulla discrezionalità del datore di lavoro. La scelta delle misure adeguate dipenderà primariamente dalla effettiva disponibilità di soluzioni tecniche presenti nel settore. Infatti su tutte vige la regola, ormai ben assorbita dal Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs.81/2008), che prescinde da valutazioni di carattere economico. Elaborato nel rispetto delle direttive comunitarie in materia ribadendo il principio della programmazione della sicurezza in azienda da realizzare tramite la partecipazione di tutti i soggetti responsabili del processo, il Testo Unico della Sicurezza esprime che l’unico principio dirimente la questione su cosa si sarebbe potuto fare, ma non si è fatto, è soltanto la disponibilità tecnica di quelle soluzioni che avrebbero ragionevolmente eliminato o riportato entro i limitati di sopportabilità il danno occorso.
Il principio di scambio di Locard e la meccanica del ragionamento probatorio: fondamenti del carattere scientifico della prova
Allo scopo di ricostruire la dinamica di un incidente si possono certamente impiegare software dedicati, specie quando hanno la possibilità anche di modellare oggetti in tre dimensioni.
È evidente il vantaggio che ne consegue poiché diventa possibile esplorare gli accoppiamenti relativi tra i diversi componenti che non sarebbero altrimenti movimentabili nella realtà.
Ma una regola vale sopra ogni diverso metodo ed approccio applicato: basare l’analisi su fatti puri e non assumere nulla. Pertanto, qualsiasi sia la tipologia del supporto computerizzato di cui si sceglie di avvalersi, la metodologia con la quale tali strumenti debbano essere impiegati deve necessariamente integrarsi in un metodo che è ben noto alla PG e che si basa su due principi cardine:
“la determinazione delle azioni che circostanzia la commissione di un crimine si fonda su un esame attento e competente delle prove fisiche che documentano la scena del crimine” ed il secondo principio, noto come principio di interscambio di Locard5: “Il contatto tra due elementi determina certamente un interscambio”
I due principi sopra esposti devono essere adattati ed applicati nel contesto che ci riguarda, dove non vi è un criminale che agisce modificando l’ambiente circostante (scena del crimine) ma vi è un evento iniziale che evolve in una serie di eventi concatenati (dinamica dell’incidente) che nel loro sviluppo lasciano indelebili tracce distribuite nell’ambiente circostante in forma di oggetti, parti di oggetti, segni di reciproco sfregamento tra componenti, degradazione e alterazione termica, ecc.
Se si paragona la ricostruzione delle azioni del criminale a partire dalle possibili tracce del suo “passaggio” lasciate sulla scena del crimine alla ricostruzione degli eventi chiave di un incidente, è logico aspettarsi che tali eventi chiave vengano ricostruiti primariamente con l’identificazione ed interpretazione delle tracce lasciate sul luogo. Tuttavia si è portati a considerare che la ricostruzione di un incidente industriale risulta molto più complessa della ricostruzione della scena di un crimine. Salvo rare eccezioni, non è propriamente una situazione generalizzabile. Si deve infatti tenere in considerazione che a vantaggio di un criminale che agisce in base a comportamenti spesso strettamente soggettivi, dunque oggetto di diverse interpretazioni possibili, l’interpretazione delle tracce lasciate da un sistema fisico (nel nostro caso, un convoglio ferroviario) che devìa dalla sua normale condizione lo fa obbedendo non a leggi soggettive, variamente interpretabili, bensì a leggi della fisica e della chimica, note e non opinabili.
In sostanza nel caso di incidenti industriali la concatenazione causale tra gli eventi successivi si basa su leggi della fisica, quindi oggettive. L’importante è impiegarle opportunamente sempre rispettando il principio primo: la ricostruzione della dinamica dell’evento dovrà sempre “spiegarsi” attraverso le tracce lasciate sul campo. Mai dovrà accadere che le tracce vengano subordinate alla ipotesi di ricostruzione fatta e tralasciate perché spesso non comprese o non facilmente interpretabili.
Sulla base di queste premesse metodologiche, i principi base prima espressi, nel contesto di riferimento che ci riguarda (ricostruzione di un incidente industriale) vengono riadattati ed “aggiornati” in base al progresso tecnico e scientifico compiuto a partire dall’epoca di Locard fino al giorno d’oggi nel seguente triplice-principio cardine:”la determinazione degli eventi che circostanziano l’evoluzione dinamica di un incidente si fonda su una lettura ed interpretazione attenta e competente di tutte le prove fisiche (tracce) che documentano la scena dell’incidente.
Se correttamente interpretate, le tracce sono evidenza di un fatto.( Si pensi alla oggettiva impossibilità di disporre di corpose tracce poiché la dinamica dell’incidente si è svolta su una vasta area e/o di difficile accessibilità, come ad esempio al caso del disastro dello Space Shuttle Challenger del 198 6, esploso in volo disperdendo i pezzi su una vastissima area, oppure, per casi storici molto più prossimi a noi, si pensi al caso “Strage di Ustica” e “strage della nave Moby Prince”. Nel caso della strage di Ustica, molti dei reperti di prova furono custoditi in fondo al mare finché tecnicamente non fu possibile operare per recuperarli; nel caso della Moby Prince, tristemente è non quanto l’incendio devastò non solo i 140 passeggeri, ma cancellò la maggior parte delle tracce di interesse rilevante. Ma, per completezza, è interessante ricordare che nel caso del Challenger, la dinamica dell’incidente fu perfettamente ricostruita grazie alla documentazione foto e filmografica a disposizione degli inquirenti. Si riuscì ad isolare, infatti, il punto di “innesco” della esplosione della navicella. Da quel fotogramma, il fisico statunitense Richard Phillips Feynman (New York, 11 maggio 1918 — Los Angeles, 15 febbraio 1988, fu premio Nobel per la fisica nel 19 65) componente della Commissione governativa di inchiesta, risalì al probabile guasto ad una guarnizione nel segmento inferiore del razzo a propellente solido. Determinò quindi la probabile causa che aveva prodotto quel malfunzionamento responsabile dell’effetto immortalato all’interno dei fotogrammi studiati)
La corretta ricostruzione della dinamica di un incidente è il risultato della concatenazione logico-deduttiva’ dei atti ed è sempre subordinata al rispetto delle evidenze.”
Per questo la ricostruzione degli eventi chiave (key-events in figura A) di un incidente deve basarsi sempre sulle evidenze, ovverosia sulle tracce (tk) raccolte sulla scena e che, se ben interpretate, possono “fissare” un evento ipotizzato ed elevarlo a fatto, come esemplificato in Figura A: tra le tre sequenze coerenti di keyevent, soltanto una delle sequenze coerenti è anche consistente con le evidenze, dunque vera. Analizzando il set di evidenze rappresentati dai rettangoli in azzurro in figura, dalla loro interpretazione è possibile dedurre quale tra i vari eventi ipotizzati sia quello consistente. Figura A — Schema di sequenze di eventi possibili di cui una soltanto(evidenziata) è quella reale.
Conclusioni
Riepilogando, l’approccio metodologico corretto da impiegarsi nella ricostruzione di un incidente si basa su un severo esame logico al quale saranno sottoposti tutti gli eventi ipotizzati, testati sia sul fatto che, nel loro svolgersi, obbediscano a leggi universali, sia giustificandone la loro concatenazione ad eventi che nella sequenza ricostruita li precedono e li susseguono, dall’ inizio all’ ultima tappa. Se in un dato momento qualcosa non è stato spiegato o nella sua spiegazione tende ad eliminare, subordinare o trascurare una o più tracce, il sospetto di una ricostruzione non verosimile è giustificato. In tal caso, un nuovo riesame logico deve essere effettuato a partire dal punto in cui si rompe la sequenza logica.(In logica si definisce induzione un tipo di inferenza che procede da una serie di osservazioni specifiche ad una premessa generalizzata che possa spiegare le osservazioni fatte. Questa premessa è una ipotesi di lavoro che potrebbe non essere sempre valida. Una deduzione in logica, invece, procede da premesse generali e inferisce conclusioni certamente valide. In tal caso, se la premessa è valida, la conclusione dedotta sarà certamente valida).
La metodologia è per lo più un processo iterativo che consiste quindi in quattro fasi distinte:
- raccolta delle informazioni e lettura delle tracce;
- interpretazione delle tracce sulla base di leggi scientifiche (fase logico-induttiva);
- formulazione dell’ipotesi di evento (fase logico-abduttiva): l’evento deve essere coerente con l’interpretazione delle tracce;
- validazione dell’ipotesi di evento sulla base di leggi scientifiche (fase logico-deduttiva): l’ipotesi deve essere consistente con la serie di eventi ricostruiti e già validati (particolarmente l’evento per essere considerato consistente deve essere logicamente inserito tra un evento suo predecessore ed il suo successore).
La semplice conoscenza di tale metodologia basata su queste quattro fasi distinte mette a garanzia del giudice, del procuratore e del legale la bontà del lavoro svolto da parte di chi, spesso, si trova in una posizione di “forza” – data dalle presunte competenze tecniche – tale da produrre effetti devastanti circa la ricerca del vero. Ma sopratutto, vale sempre il principio della comprensibilità della tesi espressa. Non ci si spaventi perché non si siano affrontate materie scientifiche o non si conoscano le leggi della cinematica, i principi della fisica: l’evoluzione di un incidente obbedisce a leggi universali. Se il vostro consulente tecnico non è in grado di rispondere dettagliatamente ed in maniera convincente alle vostre domande che rivolgerete su come abbia sviluppato i quattro passi sopra esposti, il lavoro che vi attende sarà basato su “materiale” di scarsa qualità.
Se ben posta e sviluppata, una prova scientifica, per sua stessa natura, deve essere spiegabile a tutti e verificabile da tutti.
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