La c.d, Legge Pinto ha introdotto la possibilità, per i cittadini lesi dalla eccessiva durata dei processi italiani, di ottenere un indennizzo economico.
La domanda per esercitare il diritto al risarcimento può essere proposta da chi, assistito da un legale in un procedimento giudiziario, abbia subito un danno derivante dalla irragionevole durata del processo.
Per poter agire devono, pertanto, ricorrere i seguenti presupposti;
- La non ragionevole durata del processo;
- L’esistenza di un danno conseguente;
- L’esistenza di un nesso causa-effetto tra la durata del processo e il danno cagionato.
La legge stabilisce dei criteri temporali oltre ai quali un processo si può ritenere che abbia oltrepassato i limiti di ragionevole durata che sono:
- Due anni in secondo grado;
- Un anno nel giudizio di legittimità in Cassazione.
Si considera comunque rispettato il termine di ragionevole durata se il giudizio viene definito in maniera irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.
Ovviamente al fine della determinazione del ritardo rispetto alla ragionevole durata esiste un ambito di discrezionalità del giudice nel quale lui potrà tener conto di vari elementi prima di poter concedere l’indennizzo, quali ad esempio; la complessità della causa, la condotta delle parti processuali (che non devono intenzionalmente aver fatto protrarre il giudizio oltre il termine di durata ragionevole attraverso richieste di rinvii inutili o altre manovre dilatorie).
La domanda di equo indennizzo può essere proposta, sia dalla parte soccombente che dalla parte vittoriosa, entro e non oltre 6 mesi da quando la sentenza è divenuta definitiva (termine previsto a pena di decadenza) e può avere ad oggetto sia il risarcimento dei danni patrimoniali che dei danni non patrimoniali derivanti dallo stato di prostrazione psicologica a cui sono state sottoposte le parti coinvolte.
Tale domanda viene introdotta con ricorso sottoscritto da un difensore munito di procura speciale contro;
- Il Ministero di Giustizia per i procedimenti ordinari;
- Il Ministero della Difesa per i procedimenti militari;
- Il Ministero dell’Economia e delle Finanze negli altri casi;
Il ricorso deve essere dettagliato e devono essere allegati i verbali di udienza e la copia della sentenza passata in giudicato.
La legge di stabilità del 2016 nell’art.777 ha riformato in parte la Legge Pinto riducendo l’entità dell’indennizzo ed introducendo l’obbligo per la parte lesa di sollecitare i tribunali con l’esperimento di rimedi preventivi della violazione del termine che rappresentano una condizione di procedibilità della successiva domanda di riparazione del danno.
Pe quanto concerne il processo civile, sono considerati rimedi preventivi: la proposizione del giudizio con rito sommario o la richiesta di passaggio da rito ordinario a rito sommario entro l’udienza di trattazione o entro i sei mesi prima che trascorrano i 3 anni in primo grado.
Per il giudizio di appello viene considerato rimedio preventivo la trattazione orale ai sensi dell’art.281 sexies c.p.c., da richiedere sempre entro sei mesi dalla termine di ragionevole durata.
Nel processo civile è rimedio preventivo l’istanza di accellerazione presentata almeno sei mesi della scadenza del termine di ragionevole durata.
Nel processo amministrativo è rimedio preventivo la proposizione dell’istanza di prelievo con la quale la parte segnala l’urgenza del ricorso.
Una volta proposta la domanda, il giudice, se la accoglie, può liquidare a titolo di equa riparazione una somma non inferiore ad euro 400,00 e non superiore ad euro 800,00 per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi.
La misura dell’indennizzo non può, in ogni caso, essere superiore al valore della causa.
Qualora il ricorso fosse respinto in tutto o in parte, la domanda non può più essere riproposta, ma la parte può proporre opposizione dinanzi alla Corte di Appello entro 30 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento.