La banca non riesce a dimostrare che gli ordini di comprare i titoli spazzatura provenissero realmente dal risparmiatore e quindi viene condannata al risarcimento del danno consistente nel capitale e nella esposizione debitoria sul conto corrente. Così ha stabilito la Cassazione con la recentissima sentenza dell’08 settembre n. 18873. Nel giudizio di primo grado la banca chiedeva al cliente il pagamento del saldo passivo sostenendo di aver adempiuto in modo corretto agli oneri che scaturiscono dalla attività di intermediazione finanziaria. La banca e il risparmiatore sono vincolati da un contratto secondo il quale l’istituto di credito può negoziare gli ordini su strumenti finanziari. In base all’art. 23 del TUF è a carico della banca dimostrare la presenza di ordini scritti o verbali . Il fatto poi che l’intermediaria fosse senz’altro legittimata ad agire in nome proprio e per conto del risparmiatore non esclude la necessità di comprare solo in base a singoli ordini, scritti o verbali che siano. L?omissione rende impossibile la configurabilità di una sanatoria mediante ratifica a posteriore. Per il risarcimento del danno, in quanto debito di valore, vale il cumulo tra rivalutazione monetaria e interessi compensativi perchè assolvono a funzioni diverse. Infatti la prima è diretta a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato e i secondi servono a compensarlo del mancato godimento in questione.