Assegno di mantenimento dei figli: quanto sarò condannato a versare?
Sicuramente uno dei motivi di maggior litigio nelle separazioni riguarda il lato economico ed in particolare modo l’assegno di mantenimento.
Diciamo la verità.
Spesso quando ci si separa è l’uomo a subire le più gravi conseguenze.
La casa familiare, tranne alcuni casi particolari, verrà assegnata alla moglie e questi dovrà pagare un canone di locazione e trovarsi una nuova abitazione; dovrà, inoltre, corrispondere un contributo al mantenimento per i figli e non è escluso anche per la moglie. Tutte somme dovute per legge e qui non si discute ma, di fatto, chi non ha stipendi elevati si può trovare, da un giorno all’altro, sul lastrico e chi invece ha più possibilità si può comunque vedere dimezzato il proprio tenore di vita.
Una delle questioni più dibattute, durante le separazioni riguarda sicuramente l’assegno relativo al contributo al mantenimento che il padre dovrà versare mensilmente.
Come si quantifica?
La legge non dà una quantificazione economica precisa ma detta alcuni parametri per la quantificazione del predetto assegno.
Prima di tutto l’assegno deve essere proporzionale al reddito del genitore a cui viene imposto l’obbligo e va determinato considerando:
– le risorse economiche di entrambi i genitori
– Il tenore di vita goduto dal figlio prima della separazione
– le esigenze del figlio
– i tempi di permanenza del minore presso ciascun genitori
Al di là di questioni e richieste formali quali l’accertamento della polizia tributaria sui redditi del coniuge e la possibilità da parte del giudice di ricercare i beni di questi con modalità telematiche accedendo alla Agenzia delle Entrate, di fatto questo metodo rare volte troverà applicazione pratica nei Tribunali ove si tende più a dare provvedimenti standard e non approfondire oltre.
Proprio per questo alla prima udienza presidenziale, in sede di separazione, il Presidente del Tribunale procederà con i provvedimenti provvisori urgenti sulla base delle prove che verranno portate in quella sede ma, si badi bene, che sarà molto difficile, poi, far modificare dal giudice istruttore quei provvedimenti ed in particolare quello economico.
E’ obbligatorio, prima di tutto, produrre la dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni che costituirà la base su cui basare il criterio di massima di liquidazione e determinazione dell’assegno di mantenimento: si terrà conto, pertanto, dello stipendio mensile percepito, delle proprietà immobiliari e del provento magari di eventuali affitti ecc.
Altra considerazione riguarda, appunto, l’assegnazione della casa coniugale e il numero dei figli a carico.
Alcuni Tribunali hanno predisposto dei modelli appositi per la determinazione dell’assegno di mantenimento che di massima si aggira su 1/4 del reddito e considerato l’assegnazione della casa familiare all’altro coniuge: ovviamente è un criterio che non può essere preso per buono in linea generale ma va contestualizzato al caso concreto: si pensi se, ad esempio, sulla casa grava ancora un mutuo che magari continua a pagare il marito.
Quindi volendo indicare criteri di massima potremmo dire che nel caso di un figlio il calcolo dell’assegno di mantenimento è pari al 25%; per due figli il 40%.
A ciò si dovranno aggiungere le spese straordinarie poste a carico di entrambi i coniugi nella misura del 50% anche se possono essere ripartite in misura diversa.
Parlerò in un prossimo video più dettagliatamente delle spese straordinarie, di quali siano ecc essendo un tema molto dibattuto e su cui molti genitori si scontrano.
L’unica possibilità di evitare di versare il contributo al mantenimento per i figli è nel trovare un accordo ove si stabilisca una permanenza paritaria, in un arco temporale determinato, del figlio: solo questa ipotesi potrà giustificare la non indicazione di una cifra nell’atto di separazione.