Alimenti e mantenimento sono la stessa cosa?
Spesso capita di utilizzare i termini alimenti e mantenimento come sinonimo ma, giuridicamente, sono due situazioni ben distinte. Andiamo a chiarirle in questo post.
L’obbligo al mantenimento sussiste solo all’interno della famiglia nucleare e cioè quella formata da genitori e figli con esclusione di tutti gli altri parenti. Tale obbligo sussiste, in pratica, solo tra i coniugi e tra i partner dell’unione civile e tra genitori e figli ma non presuppone uno stato di bisogno.
L’obbligo di mantenimento pertanto impone ai coniugi, ciascuno in proporzione delle proprie sostanze in relazione alle personali capacità di lavoro professionale o casalingo, di contribuire ai bisogni della famiglia ( art. 143 terzo comma c.c.). Il fondamento di questo obbligo va rinvenuto nella necessità di assicurare tra i coniugi un tenore di vita omogeneo. Per tale motivo in caso di divorzio l’assegno di mantenimento era volto ad assicurare lo stesso tenore di vita in costanza di matrimonio, criterio messo in discussione dalla ormai famosa sentenza della Cass. 11504/2017
L’obbligo di mantenimento impone altresì ai genitori di mantenere i figli finchè questi non siano economicamente autosufficienti e quindi, si badi bene, non necessariamente al raggiungimento della maggiore età ( art. 147 c.c.) e coinvolge anche i figli che debbono contribuire ai bisogni della famiglia finchè convivono con essa in proporzione alle proprie sostanze e reddito ( art. 315 c.c.).
L’obbligo agli alimenti, invece, sorge oltre che tra i coniugi e partner dell’unione civile e tra genitori e figli anche fra parenti e affini ma presuppone un vero e proprio stato di bisogno e quindi ha per oggetto solo la prestazione inerente lo stretto necessario per il soddisfacimento delle primarie esigenze di vita.
Proprio l’obbligo agli alimenti può costituire, all’interno della famiglia, uno dei principali obblighi sussistenti in quanto deriva da un principio di solidarietà familiare in applicazione del quale la legge impone ai membri della famiglia di attivarsi e sostenere economicamente il familiare “debole” e cioè colui che non è in grado di far fronte nemmeno alle primarie necessità.
Questo obbligo può derivare oltre che dalla legge ( artt. 433-448 c.c.) anche da un accordo o contratto ma si ricordi che essendo un diritto personale nessun altro, all’infuori del beneficiario, potrà richiedere questo diritto e non può essere oggetto di cessione né trasmesso agli eredi.
Per aver diritto agli alimenti bisogna che sussistano determinati presupposti elencati nell’art. 438 c.c.:
- L’impossibilità del richiedente di provvedere al proprio mantenimento
- Uno stato oggettivo di bisogno
- La possibilità economica di colui che deve versare gli alimenti.
Ma chi è tenuto a versare questi alimenti?
I soggetti che dovranno corrispondere gli alimenti sono il coniuge o partner nell’unione civile, poi i figli, i genitori, i generi e/o nuore, i suoceri e le suocere, i fratelli e sorelle.
Fa eccezione a questa regola gerarchica colui che ha ricevuto una donazione dal soggetto che si trova, poi, in stato di bisogno in quanto questi sarà colui che per primo dovrà provvedere a versare gli alimenti al donante.
Nota dolente è poi la quantificazione degli alimenti in quanto la somma viene calcolata tenendo presente sia i bisogni di chi richieder sia le condizioni economiche di chi è tenuto a versare. Non vi è quindi una somma determinata per legge, ovviamente, in quanto la norma va contestualizzata al caso concreto ma il criterio rimane sempre quello dello stretto necessario per vivere e nel caso di minori riguarda anche le spese per l’istruzione.
Con la legge di Stabilità 2016 ( legge 28 dicembre 2015 n. 208) è stato istituito il c.d. Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno, gestito dal Ministero della Giustizia. La legge prevede che il coniuge in stato di bisogno, se non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi, qualora non abbia ricevuto l’assegno determinato ai sensi dell’art. 156 c.c. in sede di separazione per inadempienza del coniuge che vi era tenuto, può rivolgere istanza da depositare nella cancelleria del tribunale del luogo ove ha residenza , per l’anticipazione di una somma non superiore all’importo dell’assegno medesimo da parte del Ministero della Giustizia che potrà poi rivalersi sul coniuge inadempiente.
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