Home » Blog » Diritto Civile » Imparzialità: una parola spesso sconosciuta nei tribunali

Imparzialità: una parola spesso sconosciuta nei tribunali

La Imparzialità: una parola spesso sconosciuta nei tribunali

Parlare di imparzialità, nella quotidianità dei Tribunali, è infatti tema sentito ma spesso non applicato.

Il giudice deve essere imparziale e terzo, il ctu idem, il pubblico ministero deve ricercare la verità e non procedere ad accusare a spada tratta anche difronte all’evidenza e così via.

Tutti principi molto belli quando si studiano sui libri ma che non hanno riscontro nella realtà o, senza generalizzare, l’hanno molto poco.

Queste mie considerazioni, prettamente personali che non vogliono essere certamente fonte di “verità” ma solo spunto di riflessione, sono tratte dalla mia esperienza ventennale nei Tribunali e come tali vanno prese.

Prendiamo ad esempio il caso di un processo penale tutt’ora in corso tanto per contestualizzare ciò di cosa sto parlando.

Tizio, insieme ad altri, viene imputato di bancarotta fraudolenta e viene pertanto portato a giudizio dalla Procura.

Così com’è prescritto processualmente, 7 giorni prima della prima udienza, sia i difensori che la Procura depositano le proprie liste di testimoni ove debbono essere indicate anche le argomentazioni su cui i testi chiamati dovranno rispondere.

Il Pm deposita una lista di 11 testi non indicando le argomentazioni su cui debbono deporre e le difese depositano rispettivamente le proprie liste in cui chiamano a testimoniare 8 testi argomentando, invece, compiutamente su cosa gli stessi dovranno deporre.

Inizia il processo e le difese sollevano la questione sull’inammissibilità della lista testimoniale del Pubblico Ministero proprio per non aver contestualizzato le argomentazioni (non si pensi che ciò sia questione superflua ed irrilevante in quanto non è detto che i testimoni debbano venir chiamati sui fatti di imputazione ma anche, ad esempio, potrebbe testimoniare sulla personalità dell’imputato o su altre circostanze di “contorno” ai fatti di cui al capo di imputazione).

Il Tribunale non prendendo in considerazione minimamente l’eccezione delle difese ( si badi bene che la stessa eccezione fatta nei confronti della lista testimoniale della difesa trova sempre fondamento) ammette tutti i testi della Procura.

Così, come previsto dal codice, s’inizia prima a sentire i testimoni della Procura .

Il Pubblico Ministero comincia a fare le domande ai testimoni ed ogni questione sulla pertinenza o meno delle stesse viene spazzata via da un non accoglimento della eccezione da parte del Tribunale.

Viene poi il momento, da parte della difesa, di controesaminare i testi ma si nota subito, nell’aria, come l’atteggiamento del Tribunale sia già cambiato.

Se viene posta una domanda su una questione da specificare ci si sente replicare dal Presidente del Tribunale “ avvocato ma su questo argomento il teste ha già risposto!”impedendo così la domanda.

Se si cerca di fare domande per valutare se il teste sia o meno attendibile ci si sente replicare che la circostanza non è attinente ai fatti e così via.

Si termina pertanto il controesame interrotti continuamente in quel percorso logico di domande studiate che ha perso la sua ragion d’essere e sicuramente quella linearità che invece la Procura ha potuto serenamente condurre.

Ed ecco che il Presidente del Tribunale nel fissare la prossima udienza ove si debbono sentire i testi della difesa tira fuori, improvvisamente, quel sotteso principio di economicità processuale che sino allora si era scordato.

In parole povere gli 8 testi della difesa sono troppi, al massimo ne andranno sentiti tre perché la “giustizia” non può perdersi a sentire tutti i testimoni: principio che però sino a poco prima non era valso per la Procura. Quindi il Tribunale ammette solo 3 testi da indicarsi a scelta sugli 8 in lista.

Quindi siamo 3 ad 11 e cioè 3 testi della difesa a fronte di 11 testimoni della Procura.

Inizia quindi l’udienza e vengono sentiti i testi della difesa e mentre durante l’esame dei testi della Procura il Tribunale era rimasto silente ad ascoltare ora, si sveglia ed interagisce ma non per chiarire ma per mettere in difficoltà il teste assumendo il ruolo di un procuratore che non gli appartiene.

La disparità è evidente e l’imparzialità di trattamento anche.

Siamo in quell’aula non ad accertare la verità dei fatti a cercare di capire se l’imputato è lì per errore oppure perché effettivamente ha commesso un fatto contrario alla legge.

Quello che si vuole trovare sono degli elementi che confermino il capo d’imputazione e che lo faccia la Procura mi può star bene ( anche se qui si potrebbe aprire un capitolo a parte) ma che lo faccia un Tribunale che dovrebbe decidere con imparzialità no!

Al termine dell’udienza bisogna poi ancora esaminare un consulente importante della difesa in quanto, in un reato di bancarotta documentale, la ricostruzione contabile è elemento cardine dell’accusa su cui bisogna difenderci.

Il Tribunale fissa, pertanto, la prossima udienza per tale adempimento ma anche per discussione facendo implicitamente intendere che di quello che dirà il consulente poco importa ( altrimenti avrebbe rinviato la discussione ad altra udienza prendendosi tempo per valutare le considerazioni del consulente)  e quindi si può subito concludere e decidere.

Stessa cosa può accadere, ad esempio in un giudizio civile, con il consulente nominato dal giudice a cui questi si affida completamente delegandolo, in pratica, a scrivere sentenze.

Non mi è mai capitato che un giudice si sia discostato da ciò che ha detto un ctu che dovrebbe servire solo a dare delle informazioni tecniche da cui il giudice potrebbe anche discostarsi. Quello che dice il ctu, invece, è legge anche perché toglie lavoro e fatica al giudice!

E se il ctu è un cretino o ha preso sulle scatole una delle parti poco importa a come si è arrivati alla risposta del quesito perché tanto il giudice non si leggerà nemmeno le osservazioni del consulente di parte.

Nelle pratiche civili la questione della non imparzialità è più sottile perché qui non c’è una accusa ed una difesa ma due parti che vogliono aver ragione.

Il problema maggiore nel civile ritengo, sia trovarsi un giudice che non studia la carte della causa e decida sull’onda sommaria delle valutazioni che vengono fatte la mattina di udienza.

Riporto anche qui un caso a mio avviso significativo per far comprendere di cosa stia parlando.

Una madre da 14 anni sta, da sola, crescendo il proprio figlio frutto di un amore finito e di un padre che è sparito nel nulla abbandonando il minore.

Il minore durante la crescita ha avuto molti problemi di salute e invece di aver avuto una infanzia spensierata spesso, mentre i propri coetanei si trovavano a giocare a pallone sul piazzale della Chiesa, lui si trovava in un letto d’ospedale con l’unica persona accanto che lo sosteneva e gli stava accanto : la madre.

Dopo 14 anni il padre si rifà vivo, onestamente non si sa per quale ragione e cerca di riavvicinare il figlio ormai sedicenne che non vuole frequentarlo e che gli dice a quattr’occhi le ragioni per cui non ne vuole più sapere di una persona che è padre solo all’anagrafe ma che di fatto lo ha abbandonato.

Il padre non accetta il rifiuto e ricorre in Tribunale sostenendo che il figlio sia messo su dalla propria madre.

Il Tribunale fa come Ponzio Pilato e se ne lava le mani disponendo una CTU che dovrà risolvere il caso e scrivere le righe della motivazione della sentenza.

Il CTU, assunto il proprio incarico, inizia a chiedere il pagamento del suo avere sia al padre che aveva proposto la causa sia alla madre che però era stata ammessa al gratuito patrocinio e quindi non doveva sostenere alcuna spesa processuale come previsto per legge.

Si crea pertanto una disparità agli occhi del CTU in quanto da un lato, abbiamo una parte che paga la propria prestazione professionale e dall’altra una, invece, che, nonostante vi sia richiesta, non corrisponde alcunchè.

Il trattamento riservato è diverso un po’ come quando si và dal medico all’ospedale o si và dallo stesso medico a pagamento in una clinica privata.

Iniziano le operazioni peritali e viene sentito il ragazzo da parte del CTU ma non con un atteggiamento sereno ma bensì accusatorio (il ctu nel caso di specie era uno psicologo che probabilmente sapeva di psicologia quanto Cannavacciolo di diete) a tal punto che il ragazzo, messo sotto pressione, per lo stress accusava un malore.

La madre, presente, a quel punto si risentiva e dava adito ad una accesa discussione con il CTU che faceva cadere l’unico sottile barlume ancora rimasto in piedi di imparzialità.

Quel litigio ed il fatto che questa non avesse potuto pagare andavano puniti con una consulenza le cui conclusioni dovevano essere le peggiori possibili per la madre!

Non starò poi a dire che la ctu si è beccata una denuncia e di come si siano svolte le cose poi fortunatamente a favore della madre ma questo è ciò che può accadere nei Tribunali e che può portare ad un risultato del tutto opposto da quello che era prevedibile attendersi, risultato dipendente da fattori non prevedibili.

Quanto sopra sono solo due esempi chiarificatori ma vi posso assicurare che queste cose sono all’ordine del giorno.

Questi atteggiamenti parziali, uniti a pregiudizi personali che un giudice può avere, alle giornate no, alla non voglia di studiarsi le carte e capire davvero la situazione per ricercare la giustizia parandosi dietro lo scudo del….”ma tanto c’è l’appello”, sono tutte situazioni che possono portare alla morte della giustizia nei Tribunali.

La battaglia (perché ogni processo è tale) che il difensore deve affrontare è pertanto sempre in salita perché queste realtà debbono essere sempre prese in considerazione e valutate con consapevolezza e perché la imparzialità così come la giustizia sono spesso concetti molto belli che rimangono solo sui libri di università.

In un bellissimo film dal titolo Civil Action con protagonista John Travolta si dice che in Tribunale si è già fortunati se si trova qualcosa che somiglia pallidamente alla Giustizia ed onestamente non mi sono mai ricreduto su questo concetto.

Proprio per questo nel mio Studio ho affisso un cartello: “ LA LEGGE NON E’ UGUALE PER TUTTI” per ricordarmi giornalmente quale sia la realtà della giustizia italiana.

SE VUOI CONTATTARMI PER UN APPUNTAMENTO O SE VUOI AFFIDARMI LA TUA PRATICA SCRIVIMI A

[email protected]

SARO’ LIETO DI ASCOLTARTI ED ASSISTERTI NEL MIGLIORE DEI MODI.

Vuoi saperne di più?

Richiedi una consulenza

Leggi anche

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Iscriviti alla newsletter

E riceverai una mail ogni volta che pubblicheremo un nuovo articolo.