Conviene davvero ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario?
L’Arbitro Bancario Finanziario è una alternativa al giudizio oppure un modo per indurre i cittadini ad evitarlo a loro danno?
Premetto che quello che dirò in questo post non è verità assoluta ma frutto di mie personali considerazioni tratte dalla mia esperienza nel diritto bancario e quindi tali considerazioni possono essere condivise o meno ( anzi mi piacerebbe ricevere le vostre esperienze in merito).
Come sappiamo l’Arbitro Bancario Finanziario, sulla carta, si presenta un’ottima alternativa per chi ha un contenzioso bancario riguardante rapporti non antecedenti al 2009: è una procedura che costa poco, non prevede complicate formalità, non vi è condanna alle spese in caso di soccombenza, le banche si adeguano quasi sempre alle decisioni prese dall’ABF anche se non sono vincolanti ecc.
Quindi tutto porterebbe a considerare questo “strumento” il miglior modo per procedere qualora si abbia un problema bancario.
Non tutte le problematiche, prima di tutto, possono essere oggetto di ricorso all’ABF – lo abbiamo già accennato – perché vengono prese in considerazione solo quei rapporti sorti dal 2009 in poi in quanto l’ABF è stato costituito nel 2008.
Quello che ho potuto però notare è che, a parte la lunga attesa per la decisione (sempre minore però ad un giudizio), spesso le decisioni dell’ABF non sono a favore del correntista che comunque, bisogna tenerne conto, può avere anche torto.
Se su 10 casi – facendo un esempio – e 10 vengono rigettati qualche dubbio ti viene…..anche perché prima di presentare un contenzioso, magari per usura, avrai fatto fare una perizia econometrica e non sarai andato al buio ma con cognizione di causa.
Si potrebbe certamente obiettare che il perito a cui ci siamo rivolti ha sbagliato o non ha fatto beni i calcoli (ovviamente sbagliano sempre e solo i consulenti nominati dal correntista) ma non voglio inoltrarmi nella diatriba tra i calcoli che si dovrebbero fare in base alla legge e quelli che non si dovrebbero fare in base alla indicazione di Bankitalia.
Il fatto è che sembra che sia stato costruito un sistema volto ad eliminare le cause contro le banche che quindi la fanno franca come al solito.
Guardiamo alle cause in Tribunale.
Dopo il 2010 e cioè dopo le famose sentenze Orsini le persone avevano capito che forse non ci si poteva davvero fidare delle banche e che pian piano le stesse ti prendevano illegittimamente denaro applicandoti tassi di usura.
Vi è stato pertanto un boom di pratiche bancarie, molte persone si facevano controllare i conti ed i mutui ed i tribunali ricevevano sempre più ricorsi in materia e molte banche venivano condannate a restituzione di ingenti somme.
Questo carico di lavoro diventava insostenibile ed inoltre di là cera un potere forte quale quello Bancario, circostanza da non sottovalutare.
Quindi si è spostata l’attenzione dal verificare se il correntista avesse o meno ragione a quello di come arginare questo fenomeno.
Ed ecco che in aiuto viene Bankitalia che emana delle direttive, che legge non sono (!), in cui si illustra come si dovrebbero fare i conteggi per verificare se vi è usura o meno, conteggi a favore delle banche.
Già! Peccato che Bankitalia non possa emanare una legge e quindi non possa derogare alla stessa ( L. 108/96 ed art. 644 c.p.). Peccato che Bankitalia faccia l’interesse delle banche essendo costituita dalle stesse a danno del correntista.
Da tutto ciò ci si aspetterebbe che un giudice non possa tenere conto di queste direttive di calcolo e debba applicare la legge. Giusto ?
No…sbagliato!
Visto che il calcolo di Bankitalia quasi mai è favorevole al correntista è quello il calcolo da applicare, è quello il deterrente per eliminare il grosso delle cause. Ed è così che la maggior parte dei giudici si orienta a questo indirizzo arrivando al risultato voluto: diminuire il carico di lavoro.
E come se non bastasse, caso mai qualche giudice non fosse convinto di tale orientamento, vengono indetti corsi di formazione ai magistrati da parte delle banche: secondo voi in tali corsi qual’è l’interesse che si vuole tutelare?
Ma siccome si parla di usura si può arginare il problema civile proponendo denuncia penale.
Anche qui però si è innalzato un muro alla giustizia in quanto, a fronte di qualche procuratore illuminato che ha portato avanti processi nei confronti di direttori delle banche per usura, molti hanno preferito percorrere la strada della mancanza di dolo: i contratti stipulati dal correntista sono standard e quindi non è colpa del direttore se vi è usura e quindi siccome la responsabilità penale è personale si archivia il procedimento.
Il correntista, vittima di queste ingiustizie, inizia quindi a domandarsi quale strada alternativa possa percorrere ed ecco che si presenta l’alternativa dell’ABF, tra l’altro molto allettante.
Ma il correntista non sa che il ricorso all’ABF può risultare un boomerang nei suoi confronti in quanto se la decisione è negativa, seppure non vincolante e seppur egli può ricorrere in tribunale, questi si presenterà in giudizio con una decisione già negativa e secondo voi quante sono le possibilità di vincere la causa?
Quindi mi è venuto il dubbio, visti anche i molteplici rigetti da parte dell’ABF, che questo tipo di procedura sia un pò come un miele per le api nel senso che sotto l’alea di un costo basso ed assenza di condanna alle spese è ovvio che il correntista sia indotto a preferire questa procedura.
Avete un problema bancario? Proponete ricorso all’ABF! Costa poco e rischiate meno!
Tale strumento però può essere visto come un ulteriore deterrente in quanto se l’ABF dà torto al cittadino chi poi se la sentirà di proporre la causa?
Quindi pare un sistema anche voluto per indurre i cittadini ove il costo, pubblicizzato come garanzia per il correntista, in realtà si rivela un modo per creare un deterrente.
Tra l’altro vi è stato un episodio recente che mi ha dato ulteriormente da pensare.
Propongo per conto di un cliente un ricorso all’ABF per una ipotesi di usura su un finanziamento, cliente che non poteva permettersi il costo di una causa e di una perizia econometrica: il finanziamento era stato stipulato nel 2012.
Redigo il ricorso ed ovviamente allego il finanziamento con la preanalisi.
La finanziaria si costituisce facendo le sue osservazioni e allegando un altro finanziamento che la cliente aveva stipulato nel 2005 ma che nulla ci incastrava con l’oggetto del ricorso.
Ed ecco la decisione dell’ABF: poiché il finanziamento è del 2005 ed ante 2009 il ricorso è inammissibile!!
Di fronte a questa “cantonata” presa dall’ABF propongo istanza di correzione facendo presente che hanno preso fischi per fiaschi in quanto il ricorso parlava chiaramente di un finanziamento del 2012 tra l’altro allegato: ma se lo sono almeno letto??
La risposta dell’ABF è che non potevano correggere la sentenza perché sarebbero dovuti entrare nel merito e quindi la procedura di correzione non lo prevedeva….
Quindi, hanno sbagliato loro in maniera abissale e chi la prende in tasca è il cittadino! Bella giustizia! Bella garanzia per il correntista!
E da qui mi sono sorte diverse domande.
Ma all’ABF tengono in considerazione ciò che dice il cittadino nel ricorso? Si leggono le carte? O danno credibilità solo a poteri forti? Non è che l’ABF è solo un modo per creare un altro deterrente per impedire che cause vengano proposte dinanzi ai Tribunali?
Domande a cui ovviamente non posso dare risposta certa e che possono anche essere il frutto di mie fantasie ma siccome come si dice ” a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia” almeno personalmente quando mi si presenta un cliente che vuole proporre ricorso all’ABF ci penso non una ma 100 volte perché come si dice in legalesi più indizi formano una prova.
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