I RIMEDI DA ESPERIRE NEL CASO DELL’EX CONIUGE INADEMPIENTE
Capita molto di frequente che in caso di separazione e divorzio il coniuge obbligato a versare un contributo al mantenimento si sottragga ai suoi obblighi.
Quali sono pertanto i rimedi e gli strumenti che la legge pone a disposizione in questi casi?
Bisogna premettere che l’inadempimento dell’obbligo del mantenimento rileva sia in sede civile che in sede penale e proporre quest’ultimo tipo di azione dovrebbe sortire quantomeno l’effetto deterrente affinchè l’inadempimento non si riverifichi in futuro.
Andando a vedere i rimedi esperibili oltre alla denuncia penale, il primo rimedio è quello di procedere esecutivamente con il pignoramento per i crediti scaduti considerando, però, che il fatto che il contributo al mantenimento debba essere versato periodicamente indurrà la parte creditrice a proporre molteplici azioni e pignoramenti nel corso del periodo di debenza.
L’art. 156 c.c. In caso di separazione, prevede poi la possibilità di poter ottenere un ordine di pagamento diretto dal terzo obbligato periodicamente, in caso di inadempienza. Infatti è possibile fare istanza al giudice affinché egli ordini a terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro all’obbligato (come, ad esempio, il datore di lavoro o l’Inps) che una parte di queste venga distratta agli aventi diritto.
A fronte dell’inadempienza, altro rimedio a favore degli aventi diritto è il sequestro di parte dei beni dell’obbligato, previsto sia dall’art. 156 c.c. che dall’art. 8, ultimo comma, della legge sul divorzio (n. 898/1970).
Un ulteriore rimedio a favore degli aventi diritto è il ricorso al giudice tutelare affinchè lo stesso disponga il ritiro del passaporto al coniuge obbligato al mantenimento. L’applicazione di tale misura e le diverse limitazioni che le conseguono fungono da deterrente inducendo l’ex coniuge debitore all’adempimento dell’obbligo
In caso di divorzio, poi, non è necessario nemmeno ricorrere al giudice in quanto tutta la procedura , prevista dall’art. 8 della legge divorzile, può essere svolta da un avvocato .
In sostanza l’esecuzione è rimessa in mano al legale dell’ex coniuge creditore, ponendo il pagamento dell’assegno mensile direttamente a carico del terzo, in genere il datore di lavoro.
Affinché possa darsi corso all’esercizio dell’azione diretta con la quale il terzo si trova coinvolto in prima persona nell’obbligo di pagamento nei confronti del coniuge creditore, è necessario che si tratti di credito da assegno divorzile o di contributo al mantenimento della prole e che i terzi assoggettabili alla procedura siano quelli “tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato”, quindi il datore di lavoro, gli enti pensionistici, i conduttori degli immobili ed ogni altro soggetto che debba versare periodicamente somme al coniuge obbligato.
La prima cosa da fare è porre in mora il debitore mediante invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno.
Decorsi inutilmente 30 giorni va notificato il provvedimento giudiziale al terzo tenuto alla prestazione periodica, unitamente all’invito a corrispondere, ai sensi della legge n° 898/70 art. 8 commi 3-7, le somme dovute.
Tale atto andrà comunicato anche al coniuge obbligato.
Nel caso di inadempimento del terzo, il coniuge avente diritto “ha azione diretta ed esecutiva nei suoi confronti”, cioè ha diritto a farsi pagare direttamente dal datore di lavoro procedendo all’esecuzione forzata nei suoi confronti.
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