L’Agenzia delle entrate fornisce delle indicazioni su come dichiarare i redditi da bitcoin e criptovalute e precisamente è stata la direzione regionale dell’Agenzie delle Entrate della Lombardia che lo ha sottolineato rispondendo alla domanda posta da un contribuente. La risposta è stata: Bitcoin = Valuta estera e come tale va trattata. Eppure poco tempo fa l’Agenzia delle Entrate, invece, aveva assimilato la criptovaluta ad un bene e quindi l’aveva considerata non tassabile. Ma poiché l’Italia è sicuramente il Paese ove tutto diviene oggetto di tasse e se viene emanata una legge con grosse possibilità è volta o a farti pagare delle multe salate o a tassare i tuoi proventi, da oggi l’ammontare dei Bitcoin va inserito nel modulo RW o RT della dichiarazione dei redditi. Andiamo agli esempi pratici.
1) Se una attività commerciale si fa pagare in Bitcoin per l’Agenzia delle Entrate è come se si fosse fatta pagare in moneta straniera, ad esempio $ applicandosi il medesimo trattamento fiscale. E se il titolare dell’azienda, in seguito, dovesse rivendere i bitcoin e ricavarne una plusvalenza, dovrebbe pagarci le tasse, come un normale reddito di impresa. Qualora i Bitcoin invece non venissero ceduti tenendoli nel proprio wallet la rilevanza fiscale si avrebbe nei saldi a fine esercizio
2) Se i Bitcoin li possiede un privato anche in questo caso debbono essere considerati valuta estera ma però non dovrà pagarci le tasse almeno che, per sette giorni consecutivi, i bitcoin da lui posseduti, abbiano superato un controvalore pari a 51.645,69 euro, calcolato al tasso di cambio di inizio periodo. In quel caso l’Agenzia delle entrate riconosce un’attività speculativa, chiedendo il pagamento dell’aliquota sui proventi finanziari (26%). L’ammontare dei bitcoin andrebbe inserito nel quadro RT del Modello unico persone fisiche.
Quindi in pratica le criptovalute di per sé non debbono essere tassate in quanto tali ma è tassabile, invece, il guadagno.
L’assimilazione però della valuta virtuale alla valuta straniera è completamente errato e probabilmente sarà terreno fertile per contestazioni e azioni giudiziarie future anche in quanto non si capisce come mai perché chi possiede altri beni “rifugio” come gioielli e opere d’arte, che hanno un mercato persino maggiore di quello delle criptovalute, non deve dichiararli mentre chi ha le criptovalute lo dovrebbe fare.
L’art. 67 -1 ter TUIR stabilisce che” le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente , calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a 51.645,69 euro”.
QUINDI IL CONSIGLIO E’ EVITARE IL FAI DA TE.