La violenza contro le donne è un fenomeno più ampio di quello che si creda. Sei milioni e 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20% ha subito violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subito stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri.
Le donne straniere hanno subito violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane che corso della vita. La violenza fisica è più frequente fra le straniere ( 25,7% contro 19,6%) mentre quella sessuale è più frequente tra le italiane ( 21,5% contro il 16,2%).
Questo sondaggio fatto dall’Istat nel 2014 è a dir poco allarmante e in questi anni il fenomeno si è accresciuto maggiormente.
Alla base spesso di tali situazioni vi sono relazioni sentimentali malate che spesso confluiscono nel reato di stalking per poi arrivare a forme di violenza estrema.
La definizione di “violenza contro le donne” è contenuta nella Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, stipulata ad Istanbul il 23 maggio 2011 e, precisamente, all’articolo 3: tale espressione “designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato”.
La legislazione non prevede uno specifico reato di violenza contro le donne ma diverse ipotesi di reato riconducibili a questa tipologia di violenza che danno una risposta unitaria per tutte le vittime, senza fare distinzione in ragione del sesso.
LE FATTISPECIE PRESENTI NEL CODICE PENALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL DELITTO DI S TALKING
Il codice penale contempla numerose fattispecie che perseguono gravemente la c.d. violenza di genere; in particolare, sono previsti i delitti di: violenza sessuale, punita con la reclusione da cinque a dieci anni (art. 609-bis); violenza sessuale aggravata, punita con la reclusione da sei a dodici anni o da sette a quattordici anni (art. 609-ter); atti sessuali con minorenne, puniti con la reclusione da cinque a dieci anni, salvi i casi particolari previsti dalla norma (art. 609-quater); corruzione di minorenne, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (art. 609-quinquies); violenza sessuale di gruppo, punita con la reclusione da sei a dodici anni (art. 609-octies).
Inoltre, per il c.d. femminicidio sono applicabili le pene massime previste dall’ordinamento giuridico, ovvero la pena dell’ergastolo sia per l’uxoricidio (artt. 575 – 577, ultimo comma c.p.), sia per l’omicidio della vittima del reato di atti persecutori da parte del c.d. stalker (art. 576, comma 1, n. 5.1 c.p.). Oltre ai casi sopraindicati, il c.d. femminicidio rientra nella ipotesi di omicidio volontario (art. 575 c.p.), punito con la pena della reclusione non inferiore a ventuno anni, salvo che ricorra taluna delle circostanze aggravanti previste dall’art. 577 c.p. (in seguito alle quali la pena applicabile è quella dell’ergastolo).
Una fattispecie fondamentale nella lotta contro la violenza di genere è il reato di “Atti persecutori” (c.d. stalking), di cui all’art. 612-bis c.p., introdotto dall’art. 7 del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni, dalla l. 23 aprile 2009, n. 38. Le pene per tale reato, che negli ultimi anni ha avuto forte e tragica incidenza nel tessuto sociale, sono le più severe tra quelle stabilite per i delitti contro la libertà morale: l’art. 1-bis del d.l. 1° luglio 2013, n. 78, conv. con modif., dalla l. 9 agosto 2013, n. 94, ha innalzato il limite massimo da quattro a cinque anni di reclusione. La pena base, inoltre, è aumentata (fino a un terzo) se lo stalker è il coniuge legalmente separato (o divorziato) o è stato legato da una relazione affettiva con la vittima. Ed ancora, la pena è aumentata fino alla metà (dunque, sino a nove mesi nel minimo e a sette anni e mezzo nel massimo) quando il fatto è commesso in danno delle c.d. fasce deboli (i minori, le donne in stato di gravidanza, le persone disabili) o con armi.
Nell’ambito delle misure contro la violenza nelle relazioni familiari sono da ricordare le previsioni di specifici provvedimenti cautelari: da un lato, in sede penale, l’ordine di allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.); dall’altro, in sede civile, l’ordine di protezione contro gli abusi familiari (art. 342-bis c.c.). A tale schermo protettivo con la legge n. 38 del 2009 si sono aggiunti gli artt. 282-ter c.p.p. (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) e 282-quater c.p.p. (Obblighi di comunicazione dei provvedimenti dell’ordine di allontanamento dalla casa familiare e di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa alla autorità di pubblica sicurezza, per l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni, ed alla persona offesa e servizi socio – assistenziali del territorio).
LA NOVELLA DEL D.L. 14 AGOSTO 2013, N. 93
Il d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv., con modif., dalla l. 15 ottobre 2013 n. 119, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province” è rivolto alla disciplina delle fattispecie di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e violenza sessuale, inasprendo le pene edittali e configurando nuove circostanze. Con il d.l. n. 93 del 2013 si è chiaramente affermata la specifica gravità della violenza sessuale perpetrata come manifestazione di dominio all’interno di un rapporto di coniugio o affettivo ovvero come strumento di “persecuzione” successivo alla rottura di tali rapporti. E particolarmente significativa in tale ottica risulta l’equiparazione dei fatti commessi in costanza di rapporto a quelli consumati successivamente al loro scioglimento (art. 609-ter, comma 5- quater, c.p.). Si è anche aggiunta una ulteriore fattispecie aggravante per il caso in cui gli atti persecutori vengano commessi attraverso strumenti informatici o telematici, all’evidente fine di sanzionare adeguatamente una condotta maggiormente lesiva a causa della particolare diffusività del mezzo utilizzato.
Per esperienza professionale posso dire che questi casi vengono alla luce spesso in fasi già avanzate in quanto la vittima, spesso, è ancora legata da un forte sentimento nei confronti del reo e tende a rimandare qualsiasi azione possa avere una effettiva ripercussione sull’altra parte . A ciò si aggiunga, nei casi più gravi, anche la paura di ripercussioni ulteriori ed ancor più violente da parte del partner che possa venire a conoscenza di azioni giudiziarie poste in essere nei suoi confronti.
Agire immediatamente è quindi fondamentale per bloccare subito eventuali comportamenti che possono, con il passare del tempo, degenerare irrimediabilmente.
La Cassazione proprio in questi giorni ha confermato la pena di anni 20 di reclusione per il caso Annibali che tutti ricorderete ( la ragazza sfregiata dal suo ex compagno con l’acido) . Il caso Annibali è la prova provata di come un rapporto sentimentale possa degenerare in tragedia e non bisogna mai sottovalutare la situazione credendo che certe cose non possano mai accadere a se stessi ma solo agli altri.
Importante è poi rivolgersi ad un legale che sappia strutturare attentamente una denuncia non lasciando nulla al caso e che faccia ben comprendere al Sostituto Procuratore che verrà incaricato del caso la necessità di intervenire immediatamente anche con l’adozione di misure cautelari proprio a tutela della vittima.
Infatti, agire efficacemente è la chiave di svolta per la risoluzione positiva di questi casi. Molto spesso si leggono episodi di grave violenza nei confronti delle donne ove la vittima aveva già denunciato altri precedenti episodi alla Autorità Giudiziaria la quale non gli aveva dato la giusta attenzione: ciò non solo per noncuranza ma anche perché nella redazione di tali denunce non si era probabilmente proceduto ad una descrizione attenta e documentata dei fatti.
Il compito del legale in questi casi non solo è quello di aiutare la vittima ma anche la Procura di comprendere bene i fatti che vengono sottoposti alla attenzione di tale Ufficio inquirente.
Si tenga ben presente che vivere tali situazioni non è come raccontarle e tantomeno è come leggerle in un atto se non ben redatto.
Quindi importante è essere seguiti in questo percorso sicuramente non facile perché colpisce la vittima nel profondo dovendo per prima combattere paure e pregiudizi che si accompagnano inevitabilmente a queste drammatiche situazioni nascoste, molto spesso, all’interno delle mura domestiche.
Inoltre nessuno può ritenersi immune da questi situazioni ed anche la persona più insospettabile può essere uno stalker od un violento nei confronti della propria compagna.
Ricordo a tal proposito un caso che mi è capitato nel corso della mia attività professionale ove una signora che chiamerò Maria ( nome di fantasia a tutela della privacy) di Firenze aveva subito delle pesantissime molestie sfociate in violenza e lesioni da parte di un notissimo pianista che tra l’altro andava dicendo nelle varie trasmissioni televisive quanto la musica lo avesse reso un uomo migliore (!)……nel privato poi tutto cambiava!
Tale episodio mi è rimasto in presso in quanto il reo, poi fortunatamente condannato, era veramente persona insospettabile che mai avrei creduto, se non avessi avuto la possibilità di leggere le carte processuali, poter essere autore di simili reati.
Anche nel caso appena accennato l’agire in tempi rapidi portò alla risoluzione della situazione bloccando ulteriori atteggiamenti che avrebbero potuto ancor più degenerare.
Vorrei concludere questa breve carrellata su questo problema sicuramente attuale e gravissimo con una frase di Helga Schneider: la violenza sulle donne è antica come il mondo, ma oggi avremmo voluto sperare che una società avanzata, civile e democratica non nutrisse le cronache di abusi, omicidi e stupri.